Piranesi Giovanni Battista

Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778

Frontespizio. Antichità di Cora

Inventario

Numero inventario: M-1400_406
Inventario storico di categoria: 1400/406
Nuovo inventario di categoria: 10989
Stampa corrispondente: S-CL2406_19065
IVS2: CL54440_14164
Collocazione: Calcoteca

Autori

Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Inventore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)

Soggetto

Titolo proprio: Frontespizio. Antichità di Cora
Serie: Antichità di Cora
Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)

Oggetto

Definizione: matrice incisa

Cronologia

Datazione: 1763 (Sec. XVIII)

Dati tecnici

Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 425 x 281; spess. 1,5-1,8

Iscrizioni

Iscrizioni: Sul blocco di pietra in alto: 406
Sulla lapide al centro: ANTICHITÀ / DI
/ CORA / DESCRITTE·ED·INCISE / DA· GIOVAMBAT / PIRANESI

Osservazioni:

Osservazioni: Nella prima edizione della serie delle Antichità di Cora il frontespizio inciso viene dopo quello tipografico che è privo dell’indicazione dello stampatore, seguono le pagine di testo, numerate da uno a quindici e illustrate da due vignette poste all’inizio e alla fine, e quindi le tavole, numerate da I a X. Sulle tavole e sul frontespizio non compare mai la data di pubblicazione né quella dell’imprimatur, ragione per cui sono state formulate alcune ipotesi sulla base dei testi di Giambattista relativamente alle serie edite in quegli anni (per un approfondimento vedi il saggio in questo volume). Un elemento di riferimento per la datazione è riscontrabile nel catalogo delle opere stampato a Roma in francese, “dans la Calcographie des Auteurs” nel 1792 e poi nel 1794, dove accanto alla serie di Cora è scritto “1763. prix 3” (scudi), la stessa data è quindi ripresa da Jacques-Guillaume Legrand. Questo dato è confrontabile con le affermazioni dello stesso Giambattista che nell’introduzione alle Antichità d’Albano e di Castel Gandolfo scrive: “dell’altra mia raccolta dalle Antichità di Cora”.
Nei cataloghi pubblicati a Roma nel 1792 e nel 1794 questa serie è elencata come volume XIV della raccolta piranesiana, dopo Lapides Capitolini e Le Rovine del Castello dell’Acqua Giulia, mentre, dopo la riorganizzazione dei volumi per le serie edite a Parigi da Francesco e poi a Roma presso la Calcografia papale, viene indicata nel IX. Questo numero si ritrova anche nell’esemplare della Biblioteca Universitaria di Pavia, dove è conservato un volume rilegato da Tessier, “relieur et doreur... de la Calcographie Piranesi. A Paris”. Sul dorso del volume è scritto Piranesi IX, e contiene le serie: Lapides Capitolini e Le Rovine del Castello dell’Acqua Giulia; anche nella scheda del Victoria and Albert l’esemplare posseduto è indicato come volume 9 dell’edizione parigina di Francesco e Pietro Piranesi. Nelle collezioni consultate ASL, Accademia Brera, e BAV Cicognara la serie è rilegata con Lapides Capitolini.
Il frontespizio di Cora è riconducibile a una tipologia più volte usata dall’incisore veneziano a cominciare dalla lapide, con titolo e dedica, della serie Prima parte di Architetture del 1743 (Mariani 2010, cat. 1), per poi essere riproposta più volte negli anni Sessanta; si veda il frontespizio in latino del Campo Marzio (Mariani 2017, cat. 96) e quello delle Antichità d’Albano e di Castel Gandolfo (cat. 26). In questo caso il modello è costruito tramite la ripetizione di alcuni stilemi decorativi, variamente accostati, tipici del repertorio piranesiano. Così riappare la colonna strigilata in primo piano, il capitello corinzio in basso a sinistra nella stampa, e un insieme di epigrafi in cui si fa riferimento alla storia di Cora (Spadea in Speciale 1979, p. 125, cat. 56). Come sottolinea Spadea non sempre i testi incisi sulle lastre corrispondono esattamente all’originale, a differenza delle iscrizioni che presentano un testo più fedele alla citazione di quanto riportato da Carlo Fea (idem). In alto, a sinistra sulla stampa, una lapide ricorda il legame con l’imperatore Claudio che aveva assegnato a Cora il ruolo di prefettura: “nell’essere chiamata prefettura Claudia dall’Imperatore” scrive appunto nel testo introduttivo. In basso sotto al titolo alcuni frammenti dal VII libro della Pharsalia o Bellum civile di Marco Anneo Lucano (vedi Palombi, nota 25).
La grande lastra con il titolo appoggia su una serie di frammenti, a sinistra vengono assemblati differenti elementi decorativi: una maschera teatrale tra i resti di una figura frammentaria di tritone nella parte superiore del fregio delimitato, nell’inferiore, da una cornice a meandro a cui sono appese due bullae con ritratti e un corno posto diagonalmente; ancora più in basso una corona di alloro, sul fondo un muro che allude alle antiche fortificazioni della città descritte nella tavola I (catt. 61-62). L’insieme dei reperti è costruito secondo uno stereotipo dell’Antico che sarà trasformato poi in repertorio nella tavola “De’ Monumenti etruschi di vario genere... ne’ predetti monumenti contenuti nella Tavola I” delle Diverse Maniere d’Adornare i Cammini (cat. 81); riconosciamo allora la colonna strigilata indicata col numero 113, la face rovesciata sotto al mascherone 112, che a sua volta rimanda alla conchiglia della pag. 4 e che verrà ripresa in un disegno per fodero di spada, ora conservato al British Museum (Bettagno 1978, cat. 42), come studio per la decorazione della facciata di Santa Maria del Priorato. Ancora si può riconoscere il meandro 29, la corona 45. Si può quindi dedurre che Piranesi si sia avvalso di un repertorio di ornati che ha redatto lui stesso, elementi che in questo caso sembrano però assemblati in modo meccanico in quanto mancano del carattere più originale del suo genio; come si può vedere anche per l’albero, in alto a destra nella tavola, una ripetizione di un modello che si ritrova in molte sue stampe.
La lastra, incisa ad acquaforte con ritocchi a bulino, non presenta abrasioni sostanziali, ma solo un ritocco nel volto del busto posto in basso davanti alla lapide col titolo; questa variazione si ritrova in tutte le edizioni consultate e quindi è stata fatta prima che il rame venisse tirato. Si nota l’uso di più morsure all’acquaforte per raggiungere un chiaroscuro contrastato che scorre dal bianco della lapide su cui è inciso il titolo, allo scuro più profondo dell’insieme dei reperti in basso, dove il maggiore incavo dei solchi, trattenendo più inchiostro, rende un tono di nero molto accentuato.

Bibliografia

  • Petrucci, 1953, p. 265, n. 406  
  • Focillon, 1967, p. 319, n. 537
  • Wilton-Ely, 1994, p. 729, n. 671
  • Ficacci, p. 476, 2000, n. 590
  • MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.  

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto

Compilazione

Compilatore: Ginevra Mariani
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