Piranesi Giovanni Battista

Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778

Primo Frontespizio. De romanorum magnificentia et architectura

Inventario

Numero inventario: M-1400_285
Inventario storico di categoria: 1400/285
Nuovo inventario di categoria: 10782
Stampa corrispondente: S-CL2399_18880
IVS2: CL2399_18880
Collocazione: Calcoteca

Autori

Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Inventore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)

Soggetto

Titolo proprio: Primo Frontespizio. De romanorum magnificentia et architectura
Serie: Della magnificenza ed architettura de' romani
Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)

Oggetto

Definizione: matrice incisa

Cronologia

Datazione: 1761 (Sec. XVIII)

Dati tecnici

Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 456 x 292; spess. 1,8-2,0

Iscrizioni

Iscrizioni: In alto a sinistra: 285
Al centro: IOANNIS · BAPTISTAE / PIRANESII / ANTIQVARIORVM / REGIAE · SOCIETATIS · LONDINENSIS / SOCII / DE / ROMANORVM / MAGNIFICENTIA / ET · ARCHITECTVRA; sotto: ROMAE; MDCCLXI
In basso a sinistra: Piranesius Archit. Venetus fc.
Sul verso della matrice: ordito meccanico con profili di architravi e basi di colonne.

Osservazioni:

Osservazioni: Il volume Della Magnificenza ed Architettura de' romani, prima di quattro opere polemiche dedicate alla difesa dell'arte etrusco-romana contro le tesi sulla superiorità dell'arte ellenica, ha due frontespizi scritti rispettivamente in latino e in italiano; questa matrice, incisa anche sul verso, fu realizzata per il primo frontespizio recante anche la dedica al papa veneziano Clemente XIII, al secolo Carlo della Torre Rezzonico, salito al soglio pontificio nel 1758. La pubblicazione dei testi in latino e italiano si rivela un'ulteriore scelta polemica in antitesi con la nuova cultura dominante in Europa, dove dalla metà degli anni Cinquanta il francese aveva cominciato a imporsi nei trattati come lingua ufficiale a discapito del latino (cfr. Hyde Minor, 2015, p. 126).
La sistemazione della tavola nell'opera risulta variabile a seconda delle edizioni: nei volumi conservati all'Accademia di San Luca e alla Biblioteca Corsiniana la stampa precede nell'ordine quelle del secondo frontespizio e del ritratto del papa, mentre nell'esemplare Cicognara della Biblioteca Vaticana la disposizione dei due frontespizi risulta invertita; diversamente, nell'edizione Firmin Didot la tavola apre il volume, seguita dalla stampa con il ritratto del papa e da quella del secondo frontespizio.
La composizione presenta una lapide a piena pagina corrosa dal tempo, affissa illusionisticamente su un piatto fondale costituito da un tracciato meccanico a linee parallele. L'immagine al suo interno riporta nella parte superiore un'iscrizione in latino riferita all'autore e al titolo dell'opera, mentre in quella inferiore un complesso bassorilievo raffigurante, al centro, un medaglione circolare con una Vittoria alata intenta a incidere l'araldo papalino (la figura della Vittoria è ripresa dalla colonna fatta erigere dall'imperatore Traiano per celebrare la conquista della Dacia, i cui rilievi del fregio erano stati dettagliatamente incisi nel XVII secolo da Pietro Santi Bartoli; in particolare vedi Santi Bartoli, 1673, tav. 58, 1344/60). Come gli altri frontespizi delle opere piranesiane, il testo e le invenzioni iconografiche che caratterizzano la composizione mostrano in sintesi gli intenti che l'autore si proponeva di raggiungere con l'opera: il riferimento al titolo di membro onorario della Società degli Antiquari di Londra, ottenuto il 24 febbraio 1757, rimarca la sua fama europea come conoscitore di antichità romane; la dedica a papa Clemente XIII dimostra il supporto del Rezzonico alle sue teorie, tanto da diventare insieme agli altri componenti della famiglia il massimo committente di Piranesi nel corso degli anni Sessanta; le armi romane, ispirate ai cosiddetti Trofei di Mario (cfr. cat. 24), sono un rimando alla grandezza dei romani sia in campo politico che ingegneristico; la sfinge, infine, un tributo all'antica civiltà egizia di cui il nostro incisore rivendica il primato rispetto alla greca e la comune origine con l'arte etrusca (il modello iconografico di questa singolare immagine si riferisce probabilmente a una delle sfingi “in marmo nero dello stile d'imitazione, colla cuffia in capo all'uso delle egiziane” citate da Winckelmann tra le opere in collezione Albani, provenienti da Villa Adriana; cfr. Winckelmann, 1764, ed. cons. Fea, 1784, vol. III, p. 422, n. 22).
Dal punto di vista stilistico la matrice rappresenta un momento di passaggio tra quella maniera pittorica e scenografica che ha distinto la produzione dell'artista sino alla fine degli anni Cinquanta e l'estrema semplificazione compositiva – e di conseguenza tecnica – che adotterà nelle opere di stampo polemico degli anni Sessanta. La figurazione è risolta prevalentemente all'acquaforte mentre l'uso del bulino appare meno dominante rispetto alle opere precedenti. Il linguaggio segnico affianca ai consueti tracciati paralleli una fitta trama funzionale alla resa delle complesse decorazioni dei soggetti raffigurati, creando una sorta di effetto horror vacui sulla superficie della lastra che si caratterizza come un corrispettivo grafico di quello stile tipico delle invenzioni architettoniche pubblicate nel Parere sull'Architettura (1765) o nelle Diverse maniere d'adornare i cammini (1769).
Le numerose abrasioni presenti sulla matrice denunciano sostanziali modifiche dell'inciso non visibili nelle stampe delle edizioni consultate. L'area contenente le iscrizioni risulta interamente raschiata e incisa nuovamente ad acquaforte; probabilmente, come indicano gli avvallamenti sul rame, nel primo elaborato le scritte dovevano proseguire sino alla zona attualmente occupata dal fregio sorretto da due lesene, situato sopra al medaglione. Ulteriori abrasioni da correzione totale dell'inciso si riscontrano anche sulla zona inferiore della lastra, in corrispondenza di tutto il festone che circonda il medaglione, sullo stemma papale, sotto le indicazioni relative alla pubblicazione dell'opera e sull'area occupata dal nome dell'autore. Quest'ultima in particolare sembra essere stata eseguita per aggiungere la qualifica Archit. Venetus che non compare nelle altre tavole, e con cui l'autore si firma anche sul frontespizio realizzato per la seconda edizione delle Opere Varie databile al 1761 o poco dopo; è probabile che in tal modo Piranesi abbia voluto esaltare l'importanza della sua figura agli occhi dei lettori internazionali ai quali si rivolge il testo latino.
L'insieme dei cambiamenti riscontrati sulla matrice è forse correlata al ritardo nell'uscita del volume, il cui imprimatur è datato al 1760. La lastra doveva essere già pronta per quella data, come potrebbe suggerire l'abrasione sotto l'indicazione del luogo e della data di stampa, e fu probabilmente aggiornata dall'autore poco prima della pubblicazione definitiva avvenuta un anno dopo a seguito del completamento del ritratto papale (cfr. cat. 27).
Per quanto concerne le incisioni sul verso della matrice sono presenti diversi studi riconducibili a esercitazioni di bottega, secondo una consuetudine già ampiamente documentata nel volume relativo alle Antichità Romane ma raramente riscontrata su matrici di questa importanza (cfr. Salinitro in Mariani, 2014, pp. 57-64). Le incisioni, eseguite tutte quante a secco sia con strumenti meccanici sia a mano libera, raffigurano vari elementi architettonici (due basi di colonne, due profili di architrave, un capitello) insieme ad alcuni semplici tracciati lineari incisi col tiralinee. Come già rilevato da Monferini (1967, p. 267, n. 927), la particolare forma del capitello schizzato sul centro della lastra mostra una evidente correlazione con il capitello del Collegio Romano illustrato nella tavola XVII di questa stessa opera (cfr. cat. 45; simile è anche il tratteggio relativo alle ombreggiature). La studiosa, inoltre, rileva "un riscontro abbastanza preciso" tra il profilo più grande di uno dei due architravi qui raffigurati e quello che compare nella tavola VII del volume Le rovine del Castello dell'Acqua Giulia (cat. 13).

Bibliografia

  • Petrucci, 1953, n. 285, p. 256  
  • Focillon, 1967, n. 927, p. 360
  • Wilton-Ely, 1994, n. 753, p. 822
  • Ficacci, 2000, n. 434, p. 358.
  • MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.  

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto

Compilazione

Compilatore: Ciro Salinitro
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