Piranesi Giovanni Battista

Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778

Sepolcro de’ tre fratelli Curazj in Albano

Inventario

Numero inventario: M-1400_122
Inventario storico di categoria: 1400/122
Nuovo inventario di categoria: 10585
Stampa corrispondente: S-CL2395_18709
IVS2: CL54236_13959
Collocazione: Calcoteca

Autori

Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Inventore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)

Soggetto

Titolo proprio: Sepolcro de’ tre fratelli Curazj in Albano
Serie: Le antichità romane
Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)

Oggetto

Definizione: matrice incisa

Cronologia

Datazione: 1750-1756 (Sec. XVIII)

Dati tecnici

Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 402 x 615, spess. 1,6-2,3

Iscrizioni

Iscrizioni: In alto a sinistra: 122 X; in alto a destra: Tom. III.
In basso al centro: Sepolcro de' tre fratelli Curazj in Albano; in basso a destra e a sinistra: Esso è erroneamente così detto, mentre abbiamo dagli antichi / Scrittori essere stato presso la Fossa Clelia cinque miglia / lontan da Roma, ove i Curazj furono uccisi dagli Orazj
Sotto a sinistra: Gio. Battã Piranesi Architetto diseg. e incise
Sul verso della matrice: ordito meccanico a fasce con grande arco

Osservazioni:

Osservazioni: Il cosiddetto sepolcro dei Curiazi appartiene al gruppo di soggetti particolarmente cari a Piranesi, tanto da essere stato illustrato più volte nel corso della sua produzione. La matrice, inoltre, risulta incisa anche su verso, dove si riscontrano numerosi studi verosimilmente di bottega.
L’origine del monumento è stata da sempre dibattuta. La sua popolare attribuzione ai leggendari fratelli Curiazi si deve a Leon Battista Alberti, mentre Piranesi, facendo seguito ai numerosi  studi svolti sin dal rinascimento (cfr. Rausa 1997, pp. 37-40), ritenne di poter identificare l’edificio con la tomba di Arunte, figlio del re etrusco Porsenna. Recenti studi hanno in parte avvalorato questa ipotesi. L’evidente somiglianza con sepolcri di origine etrusca, infatti, ha fatto supporre agli archeologi che il monumento, datato intorno alla fine dell’età repubblicana, sia una ricostruzione della tomba di Arunte, voluta dalla Gens Arruntia come cenotafio celebrativo del proprio casato.  
La prima tavola piranesiana dedicata a questo sepolcro fu probabilmente incisa tra il 1745 e il 1748, anno in cui venne editata nel volume “Antichità romane de’ tempi della repubblica” (Mariani 2010, vol. I, cat.69). Rispetto a questa evanescente veduta di piccolo formato, eseguita con modalità compositive e tecniche tipiche del primo periodo romano, il sepolcro è qui raffigurato all’interno di uno scenario più vasto, caratterizzato dalla consueta visione angolare dal basso e dagli squarci luminosi che attraversano un cielo plumbeo carico di nubi. Piranesi tornerà nuovamente su questo soggetto in occasione delle Antichità di Albano e Castelgandolfo (1764), dove pubblica la pianta e due vedute panoramiche, la cui profondità spaziale (vedi il paesaggio sullo sfondo con la chiesa di Santa Maria della Stella) si discosta apertamente dalla monumentale visione ravvicinata della tavola in esame.
La matrice è incisa con il consueto connubio di morsure successive in acquaforte (precedute, ove necessario, da rapide pennellate con vernice acido resistente, per ottenere i toni chiari delle luci) e interventi finali a tecnica diretta. A bulino sono realizzate le rifiniture della figurazione (vedi a esempio i rami degli arbusti) e le ombre più marcate, quest’ultime eseguite prevalentemente tramite il rientro nel precedente tracciato ad acquaforte. La gamma tonale dell’immagine è poi arricchita ulteriormente col brunitoio, in modo da creare in corrispondenza di alcune fronde - attraverso il diverso grado di assottigliamento del segno - l’effetto netto dei colpi di luce o quello sfumato dell’atmosfera.
Le stampe consultate in occasione di questo studio documentano diversi stati della matrice, connessi prevalentemente alla modifica delle indicazioni didascaliche. Di primo stato è l’esemplare del volume Cicognara (BAV), che riporta solo l’intestazione centrale con la scritta “Curiazi” anziché “Curazi”. Il termine, come testimonia un’abrasione sul rame, risulta già corretto nelle corrispettive stampe dei volumi conservati all’Accademia di Bologna (ABA) e alla Biblioteca Braidense, i cui esemplari presentano rispetto al precedente anche le note relative alla falsa attribuzione del monumento, aggiunte a penna ai lati dell’intestazione. I rimanenti esemplari di prima edizione documentano invece il terzo stato, dove le didascalie, la numerazione del tomo e quella della tavola sono indicate tutte a stampa. Ulteriori modifiche, infine, si riscontrano nel foglio che correda l’edizione del 1784 curata da Francesco Piranesi (ASL, 14-D/3), in cui risultano aggiunti dei ritocchi a bulino funzionali ad accentuare alcuni contrasti chiaroscurali della figurazione (vedi le ombre sul cippo paracarro in primo piano).
In merito al verso della matrice, le incisioni furono probabilmente individuate al tempo della ricognizione di alcuni rovesci effettuata da Anna Grelle Iusco. La loro presenza, infatti, risulta segnalata nel repertorio inventariale dell’ING, mentre non è menzionata nell’apposito elenco redatto da Monferini (Monferini 1967, pp. 265-268). Come accennato, si tratta di esercitazioni di varia tipologia, incise in parte a puntasecca e in parte col tiralinee, eseguite verosimilmente in periodi diversi ed estese su quasi tutta la superficie del rame. Lungo la fascia centrale della lastra si riscontrano vari elementi geometrici a linee parallele (rettangoli, cerchi, archi – anche combinati tra loro), realizzati probabilmente come prove tecniche di strumenti per incisione. In particolare si distinguono vari studi per la realizzazione di conci bugnati, come quelli visibili per esempio nella tavola inerente alle murature dell’Ustrino (cat. 146), il cui motivo è replicato anche più in basso a destra, in corrispondenza del margine. Sempre lungo la fascia centrale, si ravvisa uno studio prospettico per l’esecuzione di un portale con tre gradini, all’interno del quale si vede un tracciato lineare che schematizza una superficie muraria a blocchi rettangolari. Nella zona inferiore della lastra, invece, appare evidente uno studio geometrico di volumi in prospettiva, al disotto del quale si intravede sulla sinistra una schematica prova forse relativa alla resa delle modanature a ovuli dei monumenti. Si segnala poi in prossimità del margine superiore, la presenza di vari tracciati lineari meccanici, in parte intervallati ortogonalmente a mo’ di muratura, oltre a un impercettibile abbozzo a puntasecca, localizzato sulla sinistra, riconducibile verosimilmente all’esecuzione di urne cinerarie come quelle raffigurate nella tavola LVII del secondo tomo (cat. 136) o in quella XXVII del terzo (cat. 169). Quest’ultimo motivo, infine, sembrerebbe ripreso anche lungo il margine laterale sinistro, dove l’ordito meccanico curvilineo fa pensare a due mezze urne realizzate come studio sugli effetti tonali ottenibili con il tiralinee.

Bibliografia

  • Petrucci, 1953, n. 1440/122, tav. 10, p. 248  
  • Focillon, 1967, n. 295, p. 307
  • Wilton-Ely, 1994, n. 430, p.482
  • Ficacci, 2000, n. 287, p.261.
  • MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.  

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto

Compilazione

Compilatore: Ciro Salinitro
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