Piranesi Giovanni Battista

Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778

Frontespizio. Descrizione e Disegno dell'Emissario del Lago Albano

Inventario

Numero inventario: M-1400_484
Inventario storico di categoria: 1400/484
Nuovo inventario di categoria: 11106
Stampa corrispondente: S-CL2409_19166
IVS2: CL54489_14213
Collocazione: Calcoteca

Autori

Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)

Soggetto

Titolo proprio: Frontespizio. Descrizione e Disegno dell'Emissario del Lago Albano
Serie: Descrizione e disegno dell'emissario del Lago Albano
Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)

Oggetto

Definizione: matrice incisa

Cronologia

Datazione: 1762 (Sec. XVIII)

Dati tecnici

Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 484 x 273; spess. 1,6-2,0

Iscrizioni

Iscrizioni: Al centro: DESCRIZIONE / E DISEGNO / DELL'EMISSARIO / DEL LAGO / ALBANO / DI GIO BATISTA / PIRANESI
In alto a sinistra: 484
In basso a destra: Piranesi F.

Osservazioni:

Osservazioni: Subito dopo aver pubblicato i volumi Della Magnificenza e architettura dei romani e Delle Rovine del Castello dell'Acqua Giulia, Giovanni Battista Piranesi produsse, nel giro di poco tempo, altri lavori editoriali di argomento archeologico aventi la stessa finalità polemica: la strenua difesa dell'arte romana, contro i sostenitori della superiorità di quella greca, nell'ambito della controversia affermatasi in quegli anni tra archeologi, architetti, eruditi e intellettuali dei diversi paesi europei che assunsero una posizione in favore dell'una o dell'altra corrente. Nel 1762 apparve la Descrizione e Disegno dell'Emissario del Lago Albano riproposta poi, in una nuova edizione, insieme alle Antichità d'Albano (catt. 26-57) nel 1764, anno in cui vide la luce anche le Antichità di Cora (catt. 58-72).
Il volume dedicato all'emissario artificiale del lago Albano, del quale è qui in esame il frontespizio che introduce l'opera, è costituito da venti pagine di testo insieme a dieci tavole e da un'appendice intitolata Di Due Spelonche Ornate dagli Antichi alla Riva del Lago Albano, corredata di un testo di sei pagine e dodici incisioni; le ventidue matrici da cui derivano le stampe che illustrano il volume in folio sono tutte conservate presso l'Istituto centrale per la grafica (M-1400_484-504d), compresa la lastra relativa alla vignetta che precede il testo delle Spelonche. La lettera iniziale L, ornata da un putto citaredo che apre il testo della Descrizione, e il finalino, con la lira e il caduceo che lo conclude, sono andate perdute come è accaduto per tutti i libri illustrati di Piranesi.
L'Approbatio al testo contenuto nel volume è datata 1° aprile 1762, come si legge nell'ultima pagina che precede le tavole, ma alcuni elementi inducono a supporre che la pubblicazione dell'opera dovette avvenire parecchi mesi dopo. Lo si deduce dalle lettere che si scambiarono Piranesi, Natoire e il marchese di Marigny (Focillon 1967, p. 97), dalle quali si apprende che il volume stava per uscire alla fine del 1762, tuttavia l'intensa attività editoriale di quegli anni, soprattutto quella del 1761, quando furono stampate le Rovine del Castello dell'Acqua Giulia, i Lapides Capitolini e il Campo Marzio, potrebbero aver impedito all'incisore di concludere il lavoro relativo alla Descrizione e Disegno dell'Emissario nei tempi prefissati. Il titolo di quest'ultimo libro figura aggiunto a penna nel Catalogo delle opere pubblicate da Piranesi fino a quel momento riferibile al 1761, sebbene il volume in quel periodo fosse ancora in preparazione dal momento che, come si è visto, l'Approbatio ai testi è dell'anno successivo.
Dagli scambi epistolari prima menzionati sappiamo che il marchese di Marigny, avendo ricevuto a Parigi nel 1761, direttamente da Piranesi o attraverso il comune amico direttore dell'Accademia di Francia a Roma Natoire, il citato Catalogo delle opere nel quale compariva anche la Descrizione e Disegno dell'Emissario, manifestò l'interesse ad acquistare quest'ultimo volume insieme ad altri. All'aristocratico francese fu però risposto che la sua richiesta non poteva essere soddisfatta nell'immediato perché quell'opera non era disponibile essendo ancora in fase di preparazione ma, appena questa sarebbe stata pronta, gli sarebbe stato inviato un esemplare (ibidem).
Nel Catalogo inciso databile al 1763-64 il lavoro sull'Emissario compare con l'aggiunta a penna del numero delle tavole e del prezzo: il volume è ormai pronto per la vendita.
Per tale opera editoriale l'autore tornò ad occuparsi di un soggetto di carattere tecnico. L'emissario ipogeo del lago Albano è un mirabile lavoro d'ingegneria idraulica alla stregua del Castello dell'Acqua Giulia, un tema, quest'ultimo, che l'incisore aveva affrontato nell'anno precedente con notevole rigore scientifico giungendo a interpretazioni ritenute corrette fino a poco tempo fa, e rivelatesi parzialmente errate soltanto grazie ai moderni metodi d'indagine (cfr. Grumo in Mariani 2017, catt. 6-25). Riguardo all'argomento dell'idraulica Piranesi aveva una certa propensione e anche una notevole competenza, forse derivatagli dagli insegnamenti ricevuti in età giovanile dall'architetto fratello della madre Matteo Lucchesi, impiegato a Venezia presso il magistrato delle Acque.
Già in Della Magnificenza l'incisore aveva esaminato e riprodotto la struttura della Cloaca Maxima sul fiume Tevere (tav. II, cfr. Salinitro in Mariani 2017, cat. 30), ancora oggi efficiente e collegata alla moderna rete fognaria, considerata dallo storico Tito Livio una delle romanae magnificentiae. Questa grandiosa opera architettonica, costruita alla fine del VI secolo nel periodo dei re etruschi, fu realizzata facendo uso di archi e coperture a volte costruiti con grandi blocchi di pietra, una tecnica che non ha alcuna derivazione dall'architettura greca, costituita di pilastri e architravi, ma piuttosto da quella etrusca a cui i romani guardarono con interesse e si ispirarono.
Gli stessi romani decisero di costruire un emissario artificiale del Lago Albano nel 398 a. C., secondo quanto narra Tito Livio (Ab Urbe condita, V, 15-21), mentre era in corso il lungo assedio della città di Veio, in seguito a un improvviso e ingiustificato innalzamento del livello dell'acqua del lago. I romani interpretarono l'evento come un segno della fine della pax deorum e pertanto inviarono degli ambasciatori a Delfi per interrogare l'oracolo di Apollo. Mentre attendevano il ritorno dei delegati un vecchio indovino veiente rivelò loro che Roma non avrebbe mai conquistato la sua città se le acque del lago si fossero mescolate con quelle del mare ma, al contrario, avrebbe ottenuto la vittoria se fosse riuscita a disperdere le acque del lago nelle campagne circostanti. Il vaticinio dell'anziano coincise con quello dell'oracolo di Delfi, pertanto i romani si affrettarono a progettare, e riuscirono a realizzare nel giro di un anno, un sistema idraulico che regola il flusso dell'acqua del lago Albano ancor oggi in buona parte funzionante.
Per poter studiare da vicino l'impianto Piranesi soggiornò, ospite del pontefice Clemente XIII, nella residenza papale di Castel Gandolfo che sorge proprio sul lago in corrispondenza del condotto ipogeo. La notizia è riferita dall'autore stesso nelle pagine che precedono le tavole incise e lo conferma Legrand nella sua biografia riguardante l'artista redatta nei primi anni dell'Ottocento. Quest'ultimo nel suo scritto, rimasto a lungo inedito e pubblicato nel XX secolo, pone l'accento sulla stretta familiarità che si sarebbe instaurata in quel periodo tra l'incisore e papa Rezzonico che, sembra, trascorresse volentieri con lui ore di svago nel palazzo pontificio suburbano. Legrand riferisce che durante tale permanenza l'architetto veneto compì i suoi studi, accompagnati da disegni e rilievi, dedicandosi all'opera di ingegneria idraulica ma anche ai monumenti antichi presenti nella zona. Frutto di quell'intenso lavoro è quindi anche, oltre che il volume in esame, quello sulle Antichità d'Albano e di Castel Gandolfo edito nel 1764 che sarà considerato nelle schede successive (catt. 26-57).
Piranesi dovette concepire inizialmente un lavoro unico, e anzi sembrerebbe che egli avesse cominciato a incidere prima le Antichità d'Albano (cfr. anche cat. 26). In corso d'opera si rese conto che l'argomento relativo all'emissario del lago meritava di essere trattato separatamente, come riferisce l'autore nella dedica tipografica delle Antichità, e prevedeva di far seguire la Descrizione e Disegno dell'Emissario a queste ultime. Ciò è specificato nel testo introduttivo delle Antichità, da cui si apprende anche che le incisioni connesse all'Emissario erano state già realizzate (Capitolo Nono e Capitolo Decimo). In buona sostanza le tavole relative a entrambe le opere sembra siano state eseguite tutte nello stesso periodo e del resto le analogie riscontrabili in esse dal punto di vista stilistico e tecnico-esecutivo lo confermano.
Le prime perlustrazioni della zona furono compiute dall'artista anteriormente al 1761, poiché in tale data egli pubblicò una stampa dedicata all'emissario del lago Albano nella serie Della Magnificenza (tav. XXX; cfr. cat. 4 e Salinitro in Mariani 2017, catt. 63-64).
Non era questo il primo emissario che Piranesi studiava poiché seguiva all'analisi tecnico-scientifica da lui condotta su quello del lago del Fucino, a sud di Roma, risalente all'epoca dell'imperatore Claudio, che il nostro autore si riprometteva di pubblicare in breve tempo (cfr. testo introduttivo della Descrizione e Disegno dell'Emissario del Lago Albano, Par. XVI). Ciò non avvenne e il progetto editoriale, ripreso poi da Francesco Piranesi, fu pubblicato soltanto nel 1779, un anno dopo la morte del padre. La finalità principale di tali ricerche era per Giovanni Battista quella di dimostrare in maniera inoppugnabile che le teorie elaborate da Ramsey e Le Roy, soprattutto quelle riguardanti l'origine greca della struttura architettonica dell'arco, erano sbagliate.
Nel frontespizio Piranesi incide elementi architettonici connessi al monumento trattato nel volume. In primo piano si vedono dei capitelli privi di decorazione e frammenti di pilastri analoghi a quelli presenti nella tavola VI con la veduta della “piscina” (cfr. cat. 7) e un architrave o, forse, un arco in rovina costituito di grandi conci di pietra sui quali crescono, rigogliosi, alcuni arbusti. A sinistra fuoriesce un impetuoso getto d'acqua che sgorga dalla roccia coperta da una fitta vegetazione; tra i resti antichi si individuano le immancabili presenze umane che Piranesi amava inserire nelle sue vedute, in questo caso due piccole figure dal carattere stilistico fortemente veneto che, con le loro ridotte dimensioni, contrastano con la maestosità della architettura. Il titolo dell'opera e il nome dell'autore sono artatamente incisi su grandi blocchi di pietra circondati, anch'essi, dalla vegetazione che spunta tra le fessure delle pietre e le loro commettiture.
La tecnica esecutiva della presente matrice, come quella delle altre relative alle tavole della stessa serie, ha molte analogie con la tecnica che si riscontra nelle matrici delle Antichità d'Albano e di Castel Gandolfo (catt. 26-57). L'inciso è fortemente contrastato e si ha quasi l'impressione che alcune zone siano state scurite da acquerellature a inchiostro. Ciò è dovuto all'uso delle punte di diversa grandezza e alle ripetute morsure dell'acido. Alla tessitura segnica realizzata con l'acquaforte, si aggiungono i solchi larghi e profondi creati dal passaggio del bulino, concentrati nelle zone in primo piano dove sono gli scuri più intensi. Si tratta dei segni che caratterizzano i lavori piranesiani di questi anni che richiamano alla mente le incisioni delle Carceri interamente rilavorate da Piranesi nel 1761. Si tratta di un modo nuovo di concepire la tecnica dell'incisione in cui il bulino viene impiegato con estremo vigore ma anche, data la grande maestria, con molta scioltezza come se l'artista nel maneggiare lo strumento avesse avuto tra le mani un oggetto versatile come la matita.
La superficie della lastra mostra alcuni piccolissimi fori dovuti all'azione corrosiva dall'acido nei punti in cui la vernice di protezione non ha svolto perfettamente il suo ruolo. Sul getto d'acqua, a sinistra, si nota un graffio rilevabile anche nella corrispondente stampa e tra alcuni degli esemplari consultati della Biblioteca Apostolica Vaticana: Mai OA.VI.8 e Stampe V. 250, entrambe edizioni Firmin Didot, oltre che tra le incisioni della raccolta Ashby, Cartella Stampe 17, che appaiono di tiratura piuttosto tarda.
La serie Disegno e Descrizione dell'Emissario del lago Albano non è presente tra i volumi della Biblioteca Corsiniana.

Bibliografia

  • Petrucci, 1953, p. 270, n. 484  
  • Focillon, 1967, p. 316, n. 480
  • Wilton-Ely, 1994, p. 669, n. 613
  • Ficacci, 2000, p. 434, n. 535.
  • MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.  

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto

Compilazione

Compilatore: Giovanna Grumo
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