Piranesi Giovanni Battista

Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778

Reliquiae Porticus Caii et Lucii

Inventario

Numero inventario: M-1400_433b
Inventario storico di categoria: 1400/433B
Nuovo inventario di categoria: 11024
Stampa corrispondente: S-CL2407_19095
Collocazione: Calcoteca

Autori

Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Inventore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)

Soggetto

Titolo proprio: Reliquiae Porticus Caii et Lucii
Serie: Le antichità romane
Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)

Oggetto

Definizione: matrice incisa

Cronologia

Datazione: 1762 (Sec. XVIII)

Dati tecnici

Materia e tecnica: bulino su rame;
Misure: mm 33 x 412; spess. 1,8-1,9

Iscrizioni

Iscrizioni: In alto a sinistra: 433; Tab. XV.
Didascalia: 1. Reliquiae Porticus Caii et Lucii 2. Pilae residuae ambitus ejusdem Porticus. 3. Reliquiae / Basilicae ipsorum Caii et Lucii.
Sotto a destra: Vide indicem ruinar. num. 63, et 64.; a sinistra: T.X.T. 433; Piranesi F.
Sul verso della matrice: profili di alcune urne; serie di tre finestre in prospettiva.


Osservazioni:

Osservazioni: Vedi matrice M-1400_433A. La ideale ricostruzione piranesiana di queste due tavole investe l'area alle pendici del Monte Capitolino verso il Tevere, laddove doveva trovarsi la Porta Carmentale che si apriva sull'antico circuito delle mura serviane.
La basilica di Gaio e Lucio (menzionata da Svetonio ne Le Vite de' Cesari, 119-122 d.C., capitolo dedicato ad Augusto, c. 29) è nota come Basilica Giulia e si trova in realtà nel Foro Romano; iniziata da Cesare nel 54 a.C. fu completata da Augusto.
Piranesi invece riteneva che le colonne in parte inglobate nel muro sinistro all'esterno della chiesa di San Nicola in Carcere (Via del Teatro Marcello), e altri avanzi ancora presenti nei cortili e sotterranei delle case vicine (Indice delle rovine … della Tavola III, n. 63), fossero le rovine di quella basilica. Le colonne ancora oggi inglobate sul lato sinistro della chiesa hanno il capitello dorico: potrebbero essere quelle indicate in didascalia con la lettera B, e non quelle ioniche dall'autore didascalizzate con la lettera A. Probabilmente le colonne doriche sono da riferire al Tempio della Speranza di epoca repubblicana, mentre le colonne ioniche (A) potrebbero essere quelle pertinenti al Tempio di Iuno Sospita (197-194 a.C.), sempre di epoca repubblicana.
Sono ancora ben visibili, tra via del Teatro Marcello (via Luigi Petroselli) e via del Foro Jugario, anche le arcate in travertino di quello che per Piranesi doveva essere il portico della basilica di Gaio e Lucio, da identificare però con la Porticus triumphalis, collocata lungo il percorso dei cortei, tra il Circo Flaminio e la Porta Trionfale.
Su entrambe le composizioni si ravvisano elementi chiaramente riconducibili allo stile dell'artista veneto: nei personaggi, in primo luogo quello delineato sulla prima tavola in fondo tra i due gruppi di colonne, con la grossa schiena e l'asta in mano; ma anche nella quinta di muro da cui spuntano irregolari arbusti e fronde, che chiude sulla destra la stessa incisione; ancora nel personaggio seduto in basso a destra sulla seconda tavola con la mano protesa e le dita allungate.
La modalità di condurre il segno all'acquaforte è sciolta e pittorica, come di consueto arricchita per i contrasti chiaroscurali dall'impiego della tecnica diretta.
Si nota sulla prima matrice un'esecuzione piuttosto semplificata del terreno in primo piano, con un tracciato di segni paralleli rapidamente condotto ad acquaforte e ritoccato a bulino, che accomuna questa figurazione ad altre tavole dell'opera (cfr. catt. 116, 121, 122, 128): il dato stilistico si presta a un'interpretazione critica che rimanda all'impostazione teorica de Il Campo Marzio, profondamente diversa rispetto a quella delle Antichità Romane, ma anche delle Vedute di Roma, trasversali rispetto a tutta la produzione dell'autore. Nelle vedute del Campo Marzio, infatti, Piranesi vuole presentare i monumenti privi del loro contorno moderno, richiamando quanto più possibile l'autenticità dell'emergenza architettonica nel contesto urbanistico ideale dell'antica Roma: crea pertanto delle vedute in cui gli edifici sono sfrondati da tutte le implicazioni di epoca moderna (“Vedute di liberazione”, cfr. Marletta, 2016, p. 92 e sgg.), e lo spazio circostante assume non di rado l'aspetto di un paesaggio metafisico. In questo senso potrebbe sembrare che lo stile segua l'operazione concettuale perdendo ogni ridondanza tipica del pittoricismo piranesiano, che invece viene mantenuta nelle altre vedute concepite contemporaneamente al Campo Marzio.
Sottili e brevi segni a puntasecca rifiniscono la composizione a ridosso delle ultime colonne del tempio sulla sinistra, sormontando un'area in leggero sottolivello, probabile abrasione superficiale. Il cielo è condotto a linee parallele orizzontali, chiaroscurato con coperture successive di vernice di riserva, con una zona di massimo scuro sul margine in alto, dove il tracciato segnico all'acquaforte si infittisce.
Nelle didascalie sono presenti delle abrasioni probabilmente a correggere errori del letterista. Nella Tab. XIV, sotto la parola transfiguratae; nella Tab. XV sotto le doppie ii di Caii et Lucii.
Sul verso della prima matrice è presente, tra le altre linee a secco meno significative, uno studio di anatomia: si tratta della parte terminale di due ossa che convergono nell'articolazione di un ginocchio o gomito, tracciate a bulino. Come ha evidenziato Bevilacqua (2008, c. 44v e pp. 150-151,), in diverse occasioni Piranesi ha inciso scheletri, sin dagli inizi degli anni Quaranta (Prima Parte), e poi ancora negli anni Cinquanta (si veda a esempio la tavola della Pagina di titolo del Tomo III delle Antichità Romane, Mariani, 2014, cat. 143). Questo studio potrebbe essere un'esercitazione per delineare su rame linee curve allungate su quel tema iconografico.
Sul verso della seconda matrice, invece, oltre alle finestre in prospettiva, si notano i profili di cinque urne, di cui una con coperchio, che rimandano a quelle di Villa Corsini nella tavola LVII del Tomo II delle Antichità Romane (Scaloni in Mariani, 2014, cat. 136). Le figurazioni incise sul verso a tecnica diretta sono successive alla morsura del recto, in quanto i segni a puntasecca sovrastano le bruciature di acido prodotte durante la morsura del recto (cfr. Salinitro in Mariani, 2014, p. 57, nota 9).
Si tratta di esercitazioni condotte sul motivo tecnico delle linee curve parallele che vanno a riempire la forma dell'urna. Già sul verso della matrice delle Antichità Romane per la tavola Sepolcro de' tre fratelli Curazj in Albano (Salinitro in Mariani, 2014, cat. 152 e p. 59, fig. 2) si evidenziava un esempio del medesimo motivo. In effetti, questo delle urne è uno dei temi iconografici che più ricorrono sui rovesci delle composizioni de Il Campo Marzio (cfr. anche catt. 127, 133, 137). La spiegazione si potrebbe ricondurre alla difficoltà di esecuzione di tracciati curvilinei paralleli sul rame preparato per l'acquaforte (sulla tecnica esecutiva di questo dettaglio cfr. Scaloni in Mariani, 2014, p. 53, fig. 4); questo giustificherebbe la quantità di esercitazioni a puntasecca sui versi, prima di raggiungere la perizia necessaria a lavorare il soggetto analogo sul recto della matrice. Rimane invece problematica la questione relativa all'attribuzione dei tracciati sui versi, e alla conseguente collocazione temporale degli stessi, che comunque riflettono un metodo operativo della bottega piranesiana, che provava a delineare elementi compositivi sui rovesci di matrici finite. Un caso particolare nell'analisi di questo argomento è rappresentato da alcuni versi incisi delle matrici de Il Campo Marzio dai quali emergono forme riconducibili invece a opere di Francesco Piranesi, quali la Raccolta de' Tempj antichi (1780), e Monumenti degli Scipioni (1785; cfr. rispettivamente catt. 137-138): potrebbe trattarsi di esercitazioni successive di Francesco stesso, o sempre della bottega, su motivi già editi da Giambattista, che fanno supporre l'impiego della stessa metodologia anche nei decenni che seguirono la morte di Piranesi padre.
Sia il verso della matrice cat. 113, che il verso della cat. 114, erano stati rilevati da Monferini (1967, p. 266, nn. 445-446).

Bibliografia

  • Petrucci, 1953, n. 433, tav. 15, p. 267  
  • Focillon, 1967, n. 446, p. 314
  • Wilton-Ely, 1994, n. 577, p. 631
  • Ficacci, 2000, n. 499, p. 406.
  • MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.  

Condizione giuridica

Provenienza: Acquisto

Compilazione

Compilatore: Giovanna Scaloni
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