Piranesi Giovanni Battista

Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778

Modo, col quale furono alzati i grossi Travertini, e gli altri Marmi

Inventario

Numero inventario: M-1400_166a
Inventario storico di categoria: 1400/166a
Nuovo inventario di categoria: 10644
Stampa corrispondente: S-CL2395_18753
IVS2: CL54245_13968
Collocazione: Calcoteca

Autori

Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Inventore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)

Soggetto

Titolo proprio: Modo, col quale furono alzati i grossi Travertini, e gli altri Marmi
Serie: Le antichità romane
Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)

Oggetto

Definizione: matrice incisa

Cronologia

Datazione: 1750-1756 (Sec. XVIII)

Dati tecnici

Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 388 x 530, spess. 1,7-2,1

Iscrizioni

Iscrizioni: In alto a sinistra: Tom. III. / 166; in alto a destra: LIII
In basso: Modo, col quale furono alzati i grossi Travertini, e gli altri Marmi nel fabbricare il gran Sepolcro di Cecilia Metella, oggi detto Capo di Bove.
Sotto a sinistra: Piranesi Archit. dis. et inc.
Didascalia: Visitando io tutto giorno i Monumenti antichi di Roma, ed investigando ogni loro benche minuta parte, scoprii in que' grossi macigni, de' quali sono costruiti, dei buchi quadrati, escavati a bella posta: in alcuni di essi nel mezzo del piano di sopra, come A: in altri nel lato o destro, o sinistro, come B. Quanto al buco scavato nel mezzo del / piano di sopra, è cosa manifesta, che serviva per alzare il sasso fin, dove aveasi a porre in opera, mediante uno Stromento di ferro C, (eccone ancora i suoi Profili D) chiamato da Vitr.o Forfice, da altri Ulivella, introdotto, ed incastrato nel buco stesso, come nello Spaccato E: quale Stromento oggi pure si mette in pratica. Ma qual'uso potesse / avere l'altro buco scavato nel lato, a cui non vedeasi corrisponde altro buco nel lato opposto, ove aggrappare si potesse il macigno per sollevarlo, riuscivami affatto ignoto, ed oscuro; ne so. che sia stato a quest'ora da veruno penetrato. Tralle rovine del Sepolcro di Cecilia Metella, detto Capo di bove, mi vennero sotto gli occhj alcuni Framm.ti di / grossi Travertini, F, G, i quali mi scopersero ciò, che per sì lungo tempo, da che mi trovo in Roma, non mi venne fatto di comprendere. Il Framm.to F ha un rialto a guisa di Bozza, nella stessa Pietra lasciato ad arte, segnato H, et simile ad I. Il Framm.to G ha una bozza, ed un buco scavato in mezzo alla stessa, marcato K, et simile / ad L; il qual buco è fondo fino alla superficie del Lato M, e corrisponde direttam.te al buco del Lato opposto N. E' verisimile, che questi due Travertini non sieno stati posti in opera, o per lo meno di que' corsi, ond è formata la superficie esterna del Mausoleo; e ciò può essere accaduto, o per naturl difetto della Pietra, scoperto dopo / lavorata, o per mancanza dello Scarpellino: infatti l'uno d'essi appare spezzato da un capo. Pertanto, siccome io penso, ecco brevem.te l'uso de' predetti Buchi, e delle Bozze. Osserviamo nello Spaccato O la piegatura, e profondità de' Buchi, et il modo, con cui sono introdotti in essi gli Uncini P, i quali equilibrando il Macigno Q per / mezzo della Fune R, congiunta a cappio, raccomandata alla Bozza I, indi passata sotto gli Uncini, e ripassata ancora sotto la medesima in S, qualora il peso dalla parte della bozza la costrignesse a trascorrere, mettono in pronto il detto Macigno, per esser tirato su, posto il cappio al rampino della Taglia T, al sito destinato. Quivi nello stesso modo / si può facilm.te muovere, e rimuovere quante volte richiede il bisogno, sinche egregiam.te connetti cogli altri marmi: indi lasciato posare tanto disgiunto, quanto si possa levare dal buco l'Uncino V, colle Leve, o Pali di ferro spignesi accosto. Dopo di che lo Scarpellino taglia le bozze, e pareggia le superficie. X Uncini di ferro di varia / grandezza. Y Funi, o Cappj di varia lunghezza. Z Dimostrasi la Macchina, mediante la quale alzavansi li grossi Macigni. 1 Due Travi proporzionate ai pesi, che doveansi alzare, piantate a piramide, e mobili sopra un Piano di grossi tavoloni di legno, concatenati insieme a foggia di telaro; legate da capo da un Perno di ferro / segn.to 2, al quale raccomandavasi la Taglia 3. fermato il Piano de' sudd.ti tavoloni, o sia Piede della Macchina ad alcuni Travertini, piantati qua, e là nel masso, per legare i corsi delle Scaglie; e data alle Travi sufficiente pendenza, e sporto fuori del Muro, sicché possano comodam.te ricevere il Sasso 4, colle Funi 5 assi-/ curavansi. Alzato il Sasso col mezzo della Fune 6, delle Taglie 7, 8, e del Mulinello 9, fino al piano 10, tiravasi medianti le Funi 11, le Travi per il capo indietro tanto, quanto il Sasso potesse posare sul detto Piano, ove usate le predette diligenze di farlo ben connettere univasi agli altri Sassi del Corso 12. Da ciò può de-/ dursi, che gli Antichi sopra ogni cosa studiassero la facilità d'innalzare simili enormi Macigni, per costruire Fabbr.e corrispond.ti alle loro grandi idee, e di perpetua durabilità, lasciandole talvolta rozze, e senza Ornam.to In vero molte se ne veggono di tal fatta, ma sì massiccie, e sode, che sembrano fatte più dalla Natura, che dall'Arte.T. III. LIII. 166
Sul verso della matrice della didascalia: (a destra) To. 3°. Ta 53

Osservazioni:

Osservazioni: Lo studio del Mausoleo di Cecilia Metella si conclude con due tavole dedicate alla documentazione dei presunti sistemi edilizi adottati per la sua costruzione. La prima di queste tavole (cat. 196) mostra le attrezzature e i meccanismi utilizzati per alzare i blocchi marmorei che rivestono il monumento, mentre la seconda (cat. 197) illustra una ricostruzione ipotetica delle tenaglie descritte da Vitruvio nel De Architectura (Libro X, II, 2), ponendole a confronto con la nota ulivella del Brunelleschi.
L'interesse di Piranesi per gli aspetti tecnico-strumentali è una caratteristica precipua di molte riproduzioni delle Antichità, ma qui più che altrove assurge a oggetto principale della figurazione, forse proprio perché alcuni frammenti del Mausoleo di Cecilia Metella, come testimonia l'autore stesso nella didascalia della tavola LIV (cat. 197), contenevano le tracce che gli consentirono di comprendere parte degli antichi metodi di sollevamento dei materiali, rimasti a suo dire sino ad allora ignoti.
Il valore didascalico di queste due incisioni è reso iconograficamente allettante nel primo caso (cat. 196) tramite il consueto espediente dei finti cartigli. L'artificio è sfruttato per illustrare nel dettaglio il funzionamento delle attrezzature, creando nel contempo l'illusione di una immagine desunta direttamente dal cantiere di lavoro, secondo quella mimesi metalinguistica propria dell'architetto veneto. I tre cartigli, idealmente appesi sopra il muro in fase di costruzione, assumono pertanto il doppio registro di tavole esplicative sia per colui che vive la realtà metafisica dell'immagine (l'operaio) sia per il fruitore empirico delle immagini stesse (il lettore).
Se l'ideazione compositiva della tavola è tipicamente piranesiana, di dubbia paternità è l'esecuzione della matrice, da ricondurre secondo Monferini (Monferini 1967, p. 300) a una “mano diversa da quella del Piranesi”. L'ipotesi sembra avvalorata anzitutto da considerazioni di tipo stilistico, come la trama poco articolata sul piano segnico o la morfologia delle figure. Distante dalle modalità esecutive dell'architetto veneto appare anche la resa delle variazioni tonali dell'immagine, dettate dalla diversa intensità di morsura dei segni. I chiarori sono qui ottenuti con stesure quasi uniformi di vernice acido-resistente, senza quelle pennellate localizzate - atte a rendere più vibranti le superfici - che caratterizzano lo stile pittorico delle tavole piranesiane. Limitato è anche il ricorso al bulino, adoperato per ispessire il tracciato ad acquaforte in corrispondenza delle ombre più marcate. La mano incerta dell'autore si palesa inoltre nei numerosi ripensamenti relativi all'elaborazione del disegno, documentati sia dalle preliminari linee di costruzione eseguite a secco (vedi i ganci in primo piano) sia da un'abrasione da correzione che interessa il gancio esterno raffigurato sulla parte superiore destra della lastra, finalizzata a ridurre lo spessore di questo arnese (dall'osservazione al microscopio, infatti, appare chiaramente percepibile sotto i segni della raschiatura l'originario tracciato ad acquaforte, che risulta più ampio rispetto a quello finale inciso a bulino).
Da ricondurre alla bottega è anche l'esecuzione della seconda tavola (cat.197). A supportare questa attribuzione contribuiscono, oltre alla trama segnica assai elementare, alcuni difetti tecnici evidenziati dall'analisi ottica, che testimoniano la scarsa attenzione con cui fu preparata la lastra. La superficie del rame, infatti, è caratterizzata dalla presenza di numerosi graffi, in parte bruniti già prima della morsura in acido (come si deduce facilmente dalla continuità lineare del tracciato ad acquaforte), i quali sono riconducibili a una approssimativa nettatura superficiale della lastra. Inoltre, nella zona superiore sinistra della matrice - in corrispondenza del tracciato meccanico orizzontale che fa da sfondo - si ravvisa una micro area meno incisa, distinguibile come macchia più chiara negli esemplari a stampa, la cui morfologia ellittica non lascia dubbi sulla sua origine accidentale dovuta alla caduta di una goccia di vernice acido-resistente sulla lastra prima di un'ulteriore morsura.
Come riscontrato su numerosi rami del fondo Piranesi, anche queste due matrici furono soggette alla campagna di restauri eseguita presumibilmente tra l'arrivo delle opere a Parigi nel 1799 e la tiratura di Firmin Didot. La comparazione delle stampe tratte dalle matrici, infatti, ha evidenziato sugli esemplari dell'editore francese la presenza delle modifiche di stato connesse alle tracce di alcune bruniture riscontrate sulle lastre (vedi in particolare cat. 196, in corrispondenza di un graffio localizzato sotto il numero “12” sul cartiglio alla sinistra del rame), i cui effetti non sono ancora visibili nei corrispettivi esemplari della seconda edizione del 1784 (ASL, 14-D/3).

Bibliografia

  • Petrucci, 1953, n. 1440/166, tav. 53, p. 249  
  • Focillon, 1967, n. 335, p. 308
  • Wilton-Ely, 1994, n. 468, p. 521
  • Ficacci, 2000, n. 325, p. 283.
  • MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.  

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto

Compilazione

Compilatore: Ciro Salinitro
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