Parboni Pietro

Roma, 1783 - Roma, 1841

Eravi capi, onde poi Capua il nome...

Inventario

Numero inventario: S-FN7849
Inventario precedente: FN6988
Collocazione: Gabinetto Disegni e Stampe, Fondo Nazionale; cartella FN141

Autori

Incisore: Parboni Pietro (1783/1841)
Disegnatore: Catel Franz Ludwig (1778/ 1856)
Inventore: Catel Franz Ludwig (1778/ 1856)

Soggetto

Identificazione: Antico anfiteatro di Capua
Titolo proprio: Eravi capi, onde poi Capua il nome... (da stampa)
Fondo: Fondo Nazionale

Cronologia

Datazione: Sec. XIX (prima metà)

Dati tecnici

Misure foglio: mm. 238 x 321
Materia e tecnica: acquaforte
Stato di conservazione: mediocre (foxing, carta ingiallita)

Iscrizioni

Iscrizioni: In basso, al centro: «Eravi capi, onde poi CAPUA il nome / E l'origine ha presa / Eneide L.X.»
In basso a sin.: «F..Catel pinx..» ; a dx.: «P..Parboni sculp..»

Osservazioni:

Osservazioni: L’attività di Pietro Parboni, incisore attivo a Roma nella prima metà del XVI secolo si sviluppa prevalentemente lungo il versante vedutista, arricchito in molte opere da una forte componente di documentazione antiquaria che trova importanti esiti nelle vedute interne di alcune sezioni del Colosseo e nelle incisioni di monumenti di Roma. Una fondamentale tappa nella carriera dell’artista è rappresentata dalle incisioni prodotte per l’Eneide di Virgilio (tradotta da Annibale Caro) (1819) realizzate in un momento prossimo alla cronologia della presente opera e basate sui disegni di Franz Ludwing Catel, illustratore e pittore tedesco tra i più noti nelle cerchie arsitocratiche romane del primo Ottocento. Dopo i soggiorni a Berlino e Parigi, dove entrò in contatto con importanti committenti (il generale Clarke) e personalità (si vedano i rapporti con Vivant Denon) il Catel si trasferisce a Roma dove raggiunge il fratello, anch’egli valido artista. Nella citta papalina Catel diviene uno degli artisti più richiesti dall’elitè prussiana (tra i quali Luigi di Baviera) e negli ambienti ecclesiastici, oltre a divenire uno dei punti di riferimento della mondanità romana. I suggestivi paesaggi romani e soprattutto di Napoli offrono nuovi spunti all’artista che, dalle prime imprese romane basate sulla pittura di genere e mitologica, fonda la sua attvità creativa sulla studio del paesaggio in chiave romantica. Esemplari, in questo senso, i dipinti realizzati sul Golfo di Napoli attorno agli anni Venti, che testimoniano le ricerche luministiche e nella messa a punto di nuove inquadrature per le vedute.
Appartiene alla fase matura dell’attività del Catel il disegno dell’anfiteatro capuano che rappresentò la base di questa incisione di Pietro Parboni. L’anfiteatro di Capua rappresenta uno dei topoi del repertorio visivo e letterario del viaggio, lungo la Via Appia, tra Roma e Napoli. Documentato già a partire dal Cinquecento-anche se fino al tardo Seicento legato ad esigenze di natura cartografica o da studi di erudizione antiquaria- l’interesse per il monumento conobbe tra Sette e Ottocento un grande impulso con la diffusione del Grand Tour e con gli itinerari di “pittori viaggianti” attratti dalla maestosa suggestione delle rovine. In questa fase gli artisti raffugurano l’anfiteatro sotto forma di vedute o riprendendo alcuni dettagli architettonici dei poderosi resti. Tale fortuna, fu enfatizzata dalla collocazione del monumento lungo la via consolare tra Capua nuova e Santa Maria e dalle scoperte archeologiche di Ercolano e Pompei che contribuirono a destare un rinnovato rapporto-sulla base di una nuova cultura dell’antico-con i resti spogliati di quello che era uno dei più grandi monumenti lungo la Regina Viarum. Innumerevoli, dunque, le opere grafiche che testimoniarono lo stato delle vestigia capuane così come si presentavano, in un connubio con il dato naturale, tra Sette e Ottocento.
Il disegno fu probabilmente realizzato dal Catel durante il viaggio nel Regno di Napoli, intrapreso con l’archeologo Millin e lo scrittore De Custine, durante la primavera-estate del 1812. Tale esperienza, grazie soprattutto alla visione scientifica del Millin, diede ulteriore slancio alla già avviata linea tematica di documentazione del paesaggio, dell’archologia e dei costumi che diede all’artista nuova notorietà e agiatezza grazie al mercato d’Oltralpe delle stampe. Lo stesso Parboni, nel 1816, aveva offerto un’efficace traduzione di un ulteriore disegno dell’anfiteatro di Capua eseguito da Franz Ludwig Catel. Intriso di suggestioni protoromantiche e valorizzato dall’originale inquadratura, l’opera fu voluta da Elisabeth Harvey, duchessa di Devonshire, importante committente di imprese editoriali e nota collezionista, che fece illustrare la traduzione dell’opera latina di Orazio Quinti Horatii Flacci Satyrarumcon, corredandola da numerose vedute incise dei principali luoghi sull’Appia tra Roma e Brindisi. 

Bibliografia

  • Cecere I., Artisti in viaggio nell’Altera Roma. L’anfiteatro di Capua antica nelle immagini del Grand Tour, in «Il capitale culturale», XI, 2015, pp. 123-147
  • Chiarini P., Il paesaggio secondo natura. Jacob Philipp Hackert e la sua cerchia. Catalogo della mostra (Roma, Palazzo delle Esposizioni, 14 luglio – 30 settembre 1994), Artemide Edizioni, Roma, 1994
  • Sebastiani A.C., Franz Catel, in "Dizionario Biografico degli Italiani", v. 22, 1979
  • Thieme U., Becker F., Künstlerlexikon, VI, p.180

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Fonti e documenti di riferimento

Immagine: 81449
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