Piranesi Giovanni Battista

Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778

[Camino egizio con due buoi sacrificali sovrapposti ai montanti]

Inventario

Numero inventario: M-1400_893a
Inventario storico di categoria: 1400/893a
Nuovo inventario di categoria: 11561
Stampa corrispondente: S-CL2418_19603
IVS2: CL54732_14456
Collocazione: Calcoteca

Autori

Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Inventore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)

Soggetto

Titolo proprio: [Camino egizio con due buoi sacrificali sovrapposti ai montanti]
Serie: Diverse maniere d'adornare i cammini...
Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)

Oggetto

Definizione: matrice incisa

Cronologia

Datazione: 1769 (Sec. XVIII)

Dati tecnici

Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 255 x 395; spess. 1,4-1,7

Iscrizioni

Iscrizioni: Al centro: 893.a
In basso a destra: Cavalier Piranesi inv. e inc. In basso a sinistra: 32 / inciso leggero a puntasecca: XXIII
Sul verso della matrice: numero 4 inciso a puntasecca

Osservazioni:

Osservazioni: Il camino proposto in questa incisione, appartenente al gruppo di rami in stile egizio, è il solo in tutta la raccolta a presentare una struttura alquanto tradizionale, con la cappa di aspirazione lasciata a vista.
Dominano la composizione, incentrata su temi correlati al culto di Api e Osiride, i due monumentali tori sacri ispirati a una illustrazione pubblicata da Caylus nel Recueil d'Antiquités (1752, I, tav. XII, n. I). Questi fiancheggiano il camino caratterizzato da un'apertura ricurva e incorniciata da serpenti stilizzati con la testa rivolta verso il basso. Lo stesso motivo, spesso ricorrente nelle opere piranesiane (vedi gli stucchi di alcune cappelle – III a sinistra e II a destra – della chiesa di S. Maria del Priorato), appare replicato anche sulle targhe laterali. Al centro della lastra compare invece la corona di Osiride, sorretta da una coppia di sfingi poggiate sopra un architrave mistilineo ornato con geroglifici. Ulteriori elementi decorativi occupano armonicamente il restante spazio della parete, organizzata secondo una partizione altamente simmetrica, conferendo al progetto nel suo insieme un tono più intimo, da “gabinetto”, rispetto ad altre invenzioni in stile egizio. Come evidenziato dagli studi di Roberta Battaglia (1994, pp. 203-207), la tavola si rivela di particolare importanza per l'identificazione e la comprensione del processo di rielaborazione delle vari fonti bibliografiche su cui si basa l'immaginario figurativo dei camini egizi. Le due erme bifronte con testa di Iside e Api collocate alle estremità laterali della mensola, a esempio, sono una libera interpretazione di un pezzo oggi conservato in Vaticano, presso il Museo Gregoriano Egizio (inv. 22807), scoperto nel 1736 a villa Adriana e illustrato da Bottari nel Museo Capitolino (1755, III, tav. LXXXIII) dopo che nel 1748 era stato collocato in Campidoglio (cfr. Panza 2017, pp. 167-168; Battaglia 1994, p. 203).
Un altro riferimento si ricava dai geroglifici raffigurati sulle targhe laterali, dove campeggiano coppie di sacerdoti intenti ad intrecciare dei giunchi. Qui l'autore si limita a un prelievo “pressoché letterale” dalla tavola CXI del II volume del diario di Norden, Voyage d'Egypte et de Nubie, pubblicato nel 1757 (cfr. Battaglia 1994, p. 204). Ancor più interessante, infine, il caso del grande bassorilievo rettangolare con figure di musicanti in processione, effigiato al centro della parete sopra la cappa del camino. L'immagine deriva dal fregio di una colonna di tipo egizio datata al periodo domizianeo, verosimilmente rinvenuto nell'Iseo Campense e trasferito dapprima nel bosco di Villa Medici e poi a Firenze nel 1783 (Firenze, Museo Egizio, inv. 1447). Si tratta di un rilievo più volte riprodotto negli antichi testi di antiquaria (vedi il codice manoscritto di Alonso Chacon alla Biblioteca Angelica di Roma, Ms. 1564, fol. 13; Kircher, Oedipus aegyptiacus, 1652, I, p. 226; Montfaucon, L'Antiquité expliquée, II, 2, tav. 115, n. 5 e tav. 116, n. 2), di cui Cassiano del Pozzo, che lo documentò in due disegni inediti (vedi il Museo Cartaceo, Londra, British Museum, I, fol. 113), riporta erroneamente che fosse stato ritrovato nel 1642 nel convento dei padri Domenicani alla Minerva (notizia ripresa anche da Battaglia, cfr. 1994, p. 206). Il motivo originale, tuttavia, viene qui manipolato aggiungendo ai due margini della figurazione l'immagine di Iside che allatta Horo, tratta da un vaso bronzeo illustrato da Caylus nel Recueil (1764, VI, tav. XV, part. B; per approfondimenti su tutto l'argomento, cfr. Gasparri 2009, pp. 252-253, n. 367.6; Battaglia 1994, 204-206 e 262).
Le modalità esecutive del rame riflettono il consueto procedimento della bottega piranesiana, per la cui analisi generale si rimanda al saggio di Scaloni (cfr. Scaloni in Mariani 2014, pp. 52-53). Ritocchi e rientri a bulino nei segni all'acquaforte, incisi per esaltare in stampa la plasticità degli oggetti in ombra, sono evidenti soprattutto all'interno della camera da fuoco, sotto alla mensola o intorno ai tizzoni ardenti. Ulteriori interventi a secco, mirati a definire in modo antitetico rispetto ai primi i passaggi chiaroscurali di alcuni dettagli della figurazione, si registrano sul manto di entrambi i buoi, dove alcuni segni appaiono abbassati con il brunitoio per ottenere sul foglio dei punti bianchi corrispondenti all'effetto dei colpi di luce.
Si segnala poi un'ampia abrasione al centro della lastra, entro la superficie liscia a semicerchio delimitata dalle due sfingi, che rivela la parziale modifica del tracciato lineare e parallelo a forma di “V” sottostante la corona di Osiride. Altro elemento significativo si riscontra in corrispondenza dell'erma alla destra del rame, che proietta sulla parete cui si appoggia l'architettura del camino un ombra conseguita con una morsura più prolungata, i cui confini sono segnati da una linea tracciata a puntasecca riconducibile al trasporto preliminare del disegno sulla lastra.
La tavola, come emerso dalla consultazione delle varie edizioni della raccolta, è l'unica della serie a presentare la numerazione nei rari volumi di prima edizione conservati al Vaticano (BAV, R.G. Arte Archeologia) e alla Galleria Nazionale di Arte Moderna, che riportano entrambi il numero 5 anziché il numero 32 inciso attualmente sulla matrice. A questa primissima numerazione della tavola potrebbe forse essere connesso anche l'inciso a puntasecca presente sul verso della matrice, riportante il numero 4 scritto in caratteri arabi.
Da notarsi infine sul margine inferiore sinistro del rame, alla destra del numero 32 (sotto alla cornice della tavola), il numero romano XXIII segnato in controparte a puntasecca, la cui indicazione non si riscontra negli esemplari di prima edizione consultati (per una possibile interpretazione di questo riferimento graffito).

Bibliografia

  • Petrucci, 1953, p. 290, n. 893a, tav. 32  
  • Focillon, 1967, p. 356, n. 892
  • Wilton-Ely, 1994, p. 945, n. 872
  • Ficacci, 2000, 544, n. 684.
  • MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.  

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto

Compilazione

Compilatore: Ciro Salinitro
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