Piranesi Giovanni Battista

Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778

Elevazione ortografica dello stesso delubro per largo

Inventario

Numero inventario: M-1400_499
Inventario storico di categoria: 1400/499
Nuovo inventario di categoria: 11122
Stampa corrispondente: S-CL2410_19182
IVS2: CL54504_14228
Collocazione: Calcoteca

Autori

Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)

Soggetto

Titolo proprio: Elevazione ortografica dello stesso delubro per largo
Serie: Di due spelonche ornate dagli antichi
Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)

Oggetto

Definizione: matrice incisa

Cronologia

Datazione: 1762 (Sec. XVIII)

Dati tecnici

Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 398 x 357; spess. 2,0-2,2

Iscrizioni

Iscrizioni: In alto a sinistra: Tav. V.; 499
In alto a sinistra: Sezione del monte e del Delubro
In alto a destra: Fronte del monte e del Delubro
Nel cartiglio in basso a destra: Elevazione ortografica / dello stesso delubro per largo / a, b Ingombri di terra, accennati nella Tav. IV. / con la lettera R. / c, d. Ingombri di terra, accennati in essa Tavola / con la lettera D.
In basso a sinistra: Piranesi F.

Osservazioni:

Osservazioni: Vedi M-1400_497 e M-1400_498. Le tavole III, IV e V rappresentano la pianta e le sezioni longitudinale e trasversale del ninfeo Dorico, che Piranesi chiama delubro delle Ninfe. È situato sulla riva del lago Albano poco più a nord del ninfeo del Bergantino, illustrato nelle schede precedenti (catt. 13-14), ed è anch'esso rivolto verso il Monte Albano, montagna sacra ai popoli preromani e, poi, ai romani, in vetta al quale era il tempio di Giove Laziale, cui è dedicata una tavola nella serie de Le Antichità d'Albano e di Castelgandolfo (cat. 30).
Il ninfeo Dorico è una pseudo grotta scavata nella roccia tufacea sulla parte orientale del cratere riempito dal lago; a differenza del ninfeo del Bergantino, ha una pianta rettangolare dalla forma piuttosto regolare e una copertura a botte. Nella sua Spiegazione delle tavole l'autore descrive il tempio partendo dall'ingresso. Superato il vestibolo (A) si accedeva all'ambiente principale, la cella, (B) rivestita lungo il perimetro con una muratura a blocchetti di tufo (opus reticulatum), indicati nella matrice in esame con una linea tratteggiata. Sulle pareti longitudinali, come si vede anche nella tavola IV, si apre una serie di nicchie a distanza regolare e, al di sopra di queste, corre una trabeazione sostenuta da mensole (K), anziché da pilastri come solitamente avviene con tale tipo di modanatura architettonica. Sulla parete di fondo due nicchie fiancheggiano un ampio passaggio centrale (E) che conduce ad una camera (C), dalla quale è separato tramite una doppia fila di colonne. L'acqua, necessaria per creare i giochi tipici dei ninfei, veniva portata in questo vano da alcune condutture indicate nell'incisione in modo schematico.
La pianta eseguita da Piranesi è piuttosto precisa e, a quanto ci risulta, è ancora oggi l'unica esistente per cui costituisce un prezioso strumento di studio.
Anche la sezione longitudinale nella IV tavola è di fondamentale importanza poiché la ricostruzione di Piranesi, da ritenersi abbastanza attendibile, consente di comprendere meglio la struttura del ninfeo Dorico, soprattutto le membrature architettoniche e le sue decorazioni, che oggi, a causa del cattivo stato di conservazione, sono diventate illeggibili ma erano poco decifrabili anche ai tempi di Piranesi.
Nella matrice della IV tavola si vede il piano di calpestio originale con le sue gradinate nascoste dal cumulo di terra e di detriti, la lunga parete rivestita di blocchetti di tufo su cui si aprono due file sovrapposte di nicchie, più piccole nell'ordine inferiore e più grandi in quello superiore, rivestite da cunei e parallelepipedi di pietra albana (peperino), i pilastri angolari con i loro capitelli e, infine, le mensole sospese che sostengono la trabeazione con il fregio dorico, elemento da cui il tempio deriva la sua denominazione odierna. La fascia architettonica, ora quasi totalmente irriconoscibile, è delineata secondo la forma canonica prevista dall'ordine dorico: il fregio con le metope intervallate dai triglifi con i sottostanti gocciolatoi, i dentelli e la cornice. Una seconda modanatura evidenzia la linea d'imposta della volta a botte della copertura, la quale è stata resa regolare mediante il lavoro dello scalpello e poi ricoperta con arriccio (lettera P), cioè rivestita con una sostanza che rendeva la superficie ruvida, solitamente pietra pomice. La spelonca aveva anche il suo pozzo di aerazione (lettera G).
Completa la figurazione incisa il finto foglio applicato lateralmente, posto in alto a sinistra, con alcuni dettagli: una delle mensole con le sue volute e altre decorazioni insieme a un particolare delle concrezioni calcaree (i tartari, come li definisce l'autore).
Anche la tavola successiva, la V, ha una rappresentazione dall'alto valore documentario data l'attuale illeggibilità del monumento. Presenta la sezione trasversale del tempietto e, poiché questa è eseguita su due piani differenti, possiamo vedere contemporaneamente sia la parete di fondo dell'interno della spelonca, sia la facciata, almeno come Piranesi ha immaginato potesse essere. Dell'aspetto esterno del tempietto non è rimasta alcuna traccia ma secondo l'ipotesi dell'architetto veneto questa era rivestita di grandi blocchi rettangolari.
La parete di fondo dell'interno ha la stessa ripartizione delle altre pareti ma con delle varianti: su di essa si aprono tre grandi edicole, due ai lati dell'apertura centrale rettangolare che conduce al vano posteriore e l'altra, anch'essa in posizione centrale, al di sopra del cornicione. La trabeazione dorica è sormontata da un fastigio spezzato che costituisce uno dei primi esempi di questa particolare forma dell'architettura romana.
Le tre matrici qui in esame, essendo relative a tavole tecniche, presentano un'esecuzione piuttosto semplice. Esse sono prevalentemente eseguite ad acquaforte con pochi interventi a bulino e con le tracce delle linee di costruzione realizzate con tecnica diretta forse a puntasecca, strumento usato anche per la definizione delle zone d'ombra per evidenziare le parti che non dovevano essere coperte dalle vernici protettiva durante le morsure con l'acido.
Nella parte superiore della matrice relativa alla tavola III (cat. 15), dove è delineato l'ambiente C, si nota un'estesa area in cui è stata effettuata una correzione con raschietto e brunitoio; altre piccole correzioni si individuano un po' più in basso dove è disegnata la gradinata, nei punti in cui sono incisi la lettera d e il numero 6. Tale lastra non presenta la firma di Piranesi.

Bibliografia

  • Petrucci, 1953, p. 271, n. 499, tav. 5  
  • Focillon, 1967, p. 317, n. 497
  • Wilton-Ely, 1994, p. 686, n. 630
  • Ficacci, 2000, p. 445, n. 550.
  • MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.  

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto

Compilazione

Compilatore: Giovanna Grumo
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