1746-1756 (Sec. XVIII)
mm 467 x 481, spess. 2,1-2,8
Osservazioni:
Osservazioni: Su questa matrice è delineata la pianta del Foro romano, centro della vita pubblica nell'antichità, cui l'autore si dedica con scrupolo e cautela estrema: questo è quanto si può desumere non solo dal dettagliato indice tipografico che segue la stampa nel primo tomo, ma anche dall'osservazione della lastra incisa sulla cui superficie abbondano le abrasioni, segno di una faticosa elaborazione che lentamente approdò alla forma definitiva. Sono infatti molteplici i ripensamenti che Piranesi dovette avere col procedere delle indagini sulle emergenze architettoniche in quest'area nevralgica del territorio dell'Urbe, come si dirà appresso analiticamente.
Sulla matrice, dal singolare taglio quadrato, la pianta del foro delineata all'acquaforte è organizzata all'interno di un frammento lapideo d'invenzione, come già registrato in altre tavole di questo primo tomo (cfr. catt. 69, 70, 73, 76), la cui tridimensionalità viene enfatizzata attraverso ritocchi a bulino sullo spessore; l'infittimento del tracciato del tiralinee e le morsure multiple ad acquaforte restituiscono l'ombra del frammento sulla superficie d'appoggio.
Si evidenzia sulla matrice il consueto utilizzo delle morsure multiple anche per la differenziazione in pianta delle strutture murarie ancora esistenti al tempo di Piranesi, indicate con la tinta più scura, da quelle idealmente ricostruite dall'autore, connotate da una mezzatinta ottenuta con un bagno acido meno prolungato.
All'interno della composizione si possono facilmente distinguere due aree contigue: quella superiore in cui sono rappresentate le pendici del Celio, su cui insiste il Ninfeo di Nerone (cat. 73), e il Monte Palatino; e quella inferiore dove è delineata la mappa dei fori, da quello Romano di epoca repubblicana, a quello di Cesare, di Augusto, di Nerva e di Traiano.
Le
Antichità Romane si distinguono dalle pubblicazioni coeve di soggetto analogo per l'avanzato livello di ricerca e per le acutissime interpretazioni del dato reale, cui l'archeologia moderna deve un grande tributo; tuttavia il caso della ricostruzione dell'area dei fori fatta da Piranesi è un clamoroso esempio di fantasia interpretativa che prende le mosse dagli avanzi delle architetture visibili all'epoca, segnalate con la tonalità più scura, per integrare il tessuto urbanistico con edifici, piazze, tempi che, pur non corrispondendo alla scientificità delle attuali conoscenze archeologiche, talvolta si avvicinano a queste in maniera stupefacente. Solo un anticipo delle estreme elaborazioni cui lo stesso autore perverrà qualche anno dopo nell'edizione della pianta de
Il Campo Marzio,1762 (
M-1400_425-430; cfr. Marletta 2011).
E' nell'area del Palatino che si possono osservare sulla matrice la maggior parte delle abrasioni, nonché alcuni interventi a tecnica diretta per correggere piccoli dettagli in pianta. Lo stesso Piranesi rende conto nell'
Indice (n. 287) delle difficoltà incontrate nell'indagine degli avanzi del palazzo imperiale esteso su tutto il colle, complesso e indistricabile risultato di costruzioni stratificate dovute a diversi imperatori (individua almeno tre responsabilità: di Augusto, di Tiberio e di Caligola), sul quale si erano appuntate pochi decenni addietro anche le ricerche di Francesco Bianchini (cfr.
Ichnographia Palatii Caesarum ex iis quae supersunt, in
Del Palazzo de Cesari, Verona 1738, tavv. VIII-IX).
L'aspetto attuale della matrice testimonia una lavorazione del rame effettuata a più riprese: le modifiche sulla lastra procedevano in parallelo con i rilievi sul sito e con le considerazioni a riguardo che, si presume, dovevano coinvolgere non solo il nostro architetto ma tutto l'ambiente antiquario romano.
Gli esemplari a stampa Corsini, BAV, ABA e Braidense si devono considerare di primo stato, in quanto la scritta
FORO ROMANO in basso al centro sulle stampe è apposta a penna e inchiostro: l'autore le completò in tal modo a mano, per utilizzarle comunque nel comporre i volumi da mettere in circolazione (per doni o in commercio), secondo l'idea che avrebbe poi trasferito sulla matrice.
Dal confronto con gli esemplari citati emerge inoltre che le correzioni fatte dall'autore sulle porzioni di rame dove si notano abrasioni erano state in massima parte apportate prima di licenziare quelle prime tirature per la prima edizione, in cui i dati in corrispondenza delle zone abrase sono gli stessi su matrice e stampa di primo stato.
Sono state notate invece alcune discrepanze tra quei primi stati e l'ultima lavorazione della lastra incisa: il disegno del lato ovest del Circo Massimo risulta abraso sul rame e modificato in corrispondenza delle
Torri per uso del Pretore (n. 127 nell'
Indice della tavola del Foro Romano); inoltre, sull'estremità occidentale della pianta, nei pressi del Tevere, su un'abrasione del rame compare il nome della Porta Flumentana, che non esisteva nelle stampe di primo stato.
Considerato che già l'esemplare dell'Accademia di San Luca (ASL, 1690) è in uno stato successivo (secondo stato, corrispondente alla matrice), possiamo affermare che gli interventi di rettifica annotati furono eseguiti sulla lastra in un arco di tempo che va dal 1756 (prime tirature della prima edizione) al 1761 (anno in cui fu donato il volume dall'autore all'Accademia). Si tratta quindi di un ulteriore esempio (cfr. catt. 3, 48, 69-70, 76) di ripensamenti sul soggetto inizialmente delineato - particolarmente evidenti sul rame a causa delle abrasioni - che viene corretto in quegli stessi anni per approdare alla rappresentazione definitiva.