Gmelin Wilhelm Friedrich

Badenweiler, 1760 - Roma, 1820

Veduta del sepolcro detto degli Orazj e Curiazj...

Inventario

Numero inventario: S-FC69075
Inventario matrice: M-1238_7
Collocazione: Gabinetto Disegni e Stampe, Fondo Corsini; Volume 44H4

Autori

Incisore: Gmelin Wilhelm Friedrich (1760/ 1820)
Disegnatore: Gmelin Wilhelm Friedrich (1760/ 1820)
Ambito culturale: tedesco

Soggetto

Identificazione: Sepolcro degli Orazi e dei Curiazi
Titolo proprio: Veduta del sepolcro detto degli Orazj e Curiazj... (da stampa)
Serie: COLLEZIONE DI VEDUTE DI TIVOLI ED ALTRI DINTORNI DI ROMA
Fondo: Fondo Corsini

Cronologia

Datazione: 1811 (Sec. XIX)

Dati tecnici

Misure: mm. 282 x 361
Misure foglio: mm. 482 x 598
Materia e tecnica: acquaforte
Stato di conservazione: discreto (macchie, foxing)

Iscrizioni

Iscrizioni: In basso, a sin.: «W.F. Gmelin od nat. del et. sculp. 1811»
In basso, al centro: «Veduta del sepolcro detto degli Orazj e dei Curiazj / tra Albano e Ariccia.» ; «In Roma presso l'Autore»

Editori/Stampatori

Editore: Gmelin Friedrich Wilhelm (Badenweiler 1760/ Roma 1820)

Osservazioni:

Osservazioni: La produzione di Wilhelm Friedrich Gmelin  rientra nell’ambito del grande fenomeno culturale, artistico ed editoriale legato alle riproduzioni di vedute della città di Roma: nel XVIII secolo centro assoluto del viaggio “di istruzione e piacere” che animava la formazione di ogni giovane benestante europeo. L’attività dell’artista tedesco risulta conosciuta e apprezzata principalmente per la traduzione incisoria di opere vedutistiche di ispirazione romantica. In un contesto commerciale legato alla produzione editoriale di stampe, tale tendenza si contrapponeva alla produzione di stampe ”da invenzione”, legate perlopiù all’attività dei pittori. A cavallo tra la metà del XVIII secolo e quella del secolo successivo, infatti, il mercato legato ad acquerelli, dipinti e incisioni con riproduzioni dei monumenti e del paesaggio romano conosce un’espansione di vaste proporzioni. Il clima romantico incrementa il fascino degli scenari romani dove le rovine antiche e i caratteristici elementi naturali del paesaggio capitolino si fondono nelle atmosfere decantate da Goethe e conosciute indirettamente dai giovani artisti tramite la circolazione di immagini nei paesi d’Oltralpe. Furono proprio queste riproduzioni-e il conseguente viaggio a Roma-ad alimentare l’”educazione sentimentale” dei ricchi intellettuali nordeuropei e soprattutto tedeschi. Questi ultimi-così come ben annotato dallo stesso Goethe-erano soliti riunirsi presso l’abitazione di Angelica Kauffmann, pittrice romantica molto vicina a Philipp Hackert, uno dei maggiori pittori di paesaggio del Settecento europeo.
L’invito a Napoli di Hackert risultò determinante per il giovane Gmelin, formatosi come incisore a Basilea presso la bottega del De Mechel  attraverso rielaborazioni dei modelli di J.G. Wille. La chiamata nella città partenopea (dopo il trasferimento a Roma del 1787), dove l’artista doveva tradurre in incisione i dipinti lì realizzati dall’Hackert, sancì l’incontro di Gmelin con la cultura visiva romantica, indirizzando la produzione del tedesco esclusivamente verso le vedute di paesaggio e vestigia. Da queste premesse la decisione di rientrare a Roma per dedicarsi all’attività incisoria fondando la produzione sui già affermati modelli vedutistici (Piranesi e Ducros) e sulla traduzione dei grandi spettacoli naturali e rovinistici romani. Testimoniano questa prima fase produttiva le incisioni dedicate alle cascate di Tivoli diffuse in Germania tramite l'editore J.F. Frauenholz, con il quale pubblicò-nel 1795-anche la serie Six vues d'Italie. Accanto a questa (più rara) componente inventiva Gmelin si dedica alla traduzione incisoria di importanti dipinti a tema paesaggistico: opere di Lorrain, Poussin e Dughet, provenienti da importanti collezioni, tra tutte quella dei Colonna, dei Falconieri e dei Corsini. Durante queste imprese il tedesco organizzò in modalità autonoma l’attività editoriale che fu avviata a partire dal 1809, anno in cui incise i disegni di Marianna Candidi Dionigi, realizzati per il proprio volume Viaggi in alcune città del Lazio. Tra queste opere compariva anche la città di Albano, uno dei paesaggi della Via Appia che ospita alcuni tra i monumenti maggiormente presenti nelle opere di vedute romane.  
A questi appartiene senza dubbio il Sepolcro degli Orazi e dei Curiazi riprodotto nella presente incisione di Gmelin, parte della serie Collezione di Vedute di Tivoli ed altri dintorni di Roma stampata a Roma entro il primo ventennio del XIX secolo. Il monumento, volgarmente definito anche “Torrione della Stella”, fa infatti parte di uno dei tratti più riprodotti della Regina Viarum per via delle importanti vestigia presenti. Prima parte del territorio della città latina di Aricia poi parte del’Ager Albanus, la zona si presentava agli occhi degli stranieri come un luogo dall’enorme potenziale suggestivo.
L’edificio è composto da un podio a base quadrata che si innalza su uno zoccolo e ai cui lati presenta 4 torrioni conici. Del torrione centrale-che conteneva la camera funeraria-rimane ben poco. Nel primo quarto dell’Ottocento il monumento viene restaurato, su progetto di Giuseppe Valadier (incaricato da Canova), per preservarne la struttura conservandone i caratteri romantici di rudere che compaiono, in due disegni del Lecointe che testimoniano, nel 1849, lo stato della tomba dopo l’intervento. Numerose risultano le ipotesi avanzate circa l’identificazione del destinatario, frutto di un dibattito lungo secoli, legato alla particolare tipologia costruttiva che non trova paragoni nell’architettura romana o etrusca. Allo stato attuale degli studi appare più probabile si possa trattare di un edificio appartenente alla gens degli Atii (Azii), che avrebbe insistito su quell’area-dove alcune iscrizioni ne menzionano la presenza-a partire dall’età repubblicana. Alla luce delle indagini storiche e delle analisi stilistiche il "Torrione della Stella" potrebbe essere la tomba di Marco Azio Balco, pretore e marito di Giulia minore (sorella di Augusto), che probabilmente venne omaggiato dall’imperatore con la costruzione funeraria in un prestigioso tratto della via Appia. Ad avvalorare quest’ipotesi, fornendo inoltre una possibile spiegazione all’insolita struttura, vi sono alcuni studi (Lucidi, Ghini) che hanno permesso di avvicinare la tipologia costruttiva a quella dei nuraghi sardi, territorio in cui il pretore esercitava la sua carica e dove maturò importanti riconoscimenti.

Bibliografia

  • Cavazzi Palladini L., Disegni e incisioni di G.F. G. nel Gabinetto comunale delle stampe, in "Bollettino dei Musei comunali di Roma", XIII, 1976, 1-4, pp. 45-52
  • Le Blanc C., Manuel de l'amateur d'estampes, II, Paris 1856, pp. 302 s.
  • Marini G., Gmelin, Wilhelm Friedrich, in "Dizionario Biografico degli Italiani", V. 57, 2001
  • Nagler G.K., Neues allgemeines Künstler-Lexicon, IV, München, 1837, p. 277
  • Tozzi S., Friedrich Gmelin, in Il paesaggio secondo natura. Jacob Philipp Hackert e la sua cerchia. Catalogo della mostra ( Roma, Palazzo delle Esposizioni, 14 luglio - 30 settembre 1994), P. Chiarini (a cura di), Artemide, Roma, 1997, pp. 253-272
  • Tozzi S., D'Amelio A.M., Luoghi comuni. Vedutisti stranieri a Roma tra il XVIII e il XIX secolo. Catalogo della mostra (Museo di Roma, 9 Aprile-28 Settembre 2014), Campisano, Roma, 2014, p.71

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Proprieta' dell'Accademia dei Lincei
Provenienza: Deposito; Accademia dei Lincei; 1895

Fonti e documenti di riferimento

Immagine: 41905
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