Piranesi Giovanni Battista

Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778

[Camino egizio con mummia sovrapposta a cariatide gigantesca]

Inventario

Numero inventario: M-1400_879a
Inventario storico di categoria: 1400/879a
Nuovo inventario di categoria: 11534
Stampa corrispondente: S-CL2418_19576
IVS2: CL54705_14429
Collocazione: Calcoteca

Autori

Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Inventore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)

Soggetto

Titolo proprio: [Camino egizio con mummia sovrapposta a cariatide gigantesca]
Serie: Diverse maniere d'adornare i cammini...
Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)

Oggetto

Definizione: matrice incisa

Cronologia

Datazione: 1769 (Sec. XVIII)

Dati tecnici

Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 398 x 255; spess. 1,4-1,6

Iscrizioni

Iscrizioni: In alto a sinistra: 879.b. (sic)
In basso a destra: Cavalier Piranesi inv. e inc.
In basso a sinistra: 5

Osservazioni:

Osservazioni: La matrice è la prima di undici tavole dedicate ai camini in stile egizio che corredano le Diverse Maniere d'Adornare i Cammini. Il mito dell'Egitto si era sviluppato in epoca cristiana a partire dal Rinascimento, con l'interpretazione in chiave esoterica e alchemica della civiltà faraonica, considerata la patria della “prisca sapientia” (sulla fortuna critica della cultura egizia in Europa, cfr. Meyer 2009-2010, pp. 263-280; Panza 2015, pp. 42-68). Tra il XV e il XVII secolo gli studi più o meno fantasiosi di numerosi eruditi, tra cui si ricorda il tentativo di decifrazione dei geroglifici a opera del gesuita tedesco Athanasius Kircher (Oedipus Aegyptiacus, Roma 1652-1654), oggi ritenuto il fondatore dell'egittologia moderna, avevano spinto alla nascita delle prime raccolte antiquarie di opere egizie (si pensi ad esempio, in ambito romano, alle collezioni del Museo Capitolino, del Museo Kircheriano allestito presso il Collegio Romano nel 1651, o alle raccolte private di Palazzo Barberini, Villa Albani, Villa Borghese, Villa Ludovisi e Villa Giulia). Nel corso del XVIII secolo l'interesse per l'Egitto si trasformò poi in una vera “egittomania”, incentivata dalle nuove scoperte archeologiche emerse principalmente da Villa Adriana a Tivoli e dalle coeve pubblicazioni di studiosi e viaggiatori quali P. Lucas (Voyage en Levant, La Haya 1705), J. B. Fischer von Erlach (Entwurf einer historischen Architektur, Vienna 1721), R. Pococke (A description of the East, and some other countries, Londra 1743-45), F. L. Norden (Voyage d'Égypte et de Nubie, Copenhagen 1755) e il Conte di Caylus (Recueil d'Antiquités égyptiennes, étrusques, grecques, romaines et gauloises, Parigi 1752-1767).
La fascinazione piranesiana verso la cultura egizia risale già ai primi anni Quaranta del Settecento. Ne sono testimonianza due fantasiose incisioni giovanili pubblicate nella Prima parte di Architetture e Prospettive (1743), Campidoglio antico e Camera sepolcrale (Mariani 2010, catt. 11, 16), in cui compaiono nell'una due obelischi e nell'altra una piramide simile al sepolcro di Caio Cestio; oppure invenzioni più tarde quali Rovine d'architettura Egiziana e Greca (Scaloni in Mariani 2014, cat. 263) e Scuola antica architettata all'Egiziana e alla Greca (1757) (Scaloni in Mariani 2017, cat. 3), date alle stampe nella raccolta Opere Varie. Tuttavia è solo negli scritti polemici degli anni Sessanta (Della Magnificenza, 1761; Osservazioni, 1765) che tale interesse supera il citazionismo per assumere un connotato teorico-programmatico teso da un lato alla rivalutazione di quest'arte e dall'altro alla “creazione di una nuova moda egizia nella decorazione degli ambienti interni” (Battaglia 1994, p. 202).
Nel Ragionamento Apologetico che accompagna le Diverse Maniere, infatti, Piranesi esalta soprattutto il carattere ornamentale dell'arte egizia, riservando ai progetti in questo stile un'attenzione maggiore allo sviluppo decorativo delle superfici murarie rispetto a quanto fatto nelle tavole di gusto etruscoromano (si confrontino a esempio le fogge degli stessi camini, qui proposti quasi sempre in forme più ridotte e senza accessori). Ciò appare evidente soprattutto nella tavola in esame e in quella successiva (cat. 93), uniche due della serie dove l'architetto veneto adotta un formato verticale funzionale a dare una visione completa della parete, secondo un espediente usato anche per altre tavole del volume (cfr. catt. 84, 85, 86).
L'organizzazione complessiva dell'apparato decorativo di questo progetto è concepita in modo estremamente unitario e simmetrico, mettendo in relazione diretta il camino e la parete attraverso il motivo vegetale inciso intorno alla grande lastra marmorea che incornicia la camera da fuoco. Tale soluzione tende a comunicare nell'osservatore l'effetto di quel “concerto col resto del gabinetto” (Ragionamento, p. 2), di quella severa maestà e grandezza dell'arte egizia, a cui concorre anche una certa sobrietà nell'uso dei motivi ornamentali. Tra essi in particolare spiccano la grande cariatide centrale a forma di sarcofago e una serie di elementi figurativi ricorrenti nel repertorio egizio piranesiano quali le civette, le teste leonine, i telamoni, i geroglifici e il cielo stellato (cfr. Vasco Rocca 1979, cat. 5).
Come specificato nel Ragionamento, dove l'autore argomenta le sue scelte iconografiche per prevenire eventuali critiche, molti ornamenti sono tratti da figurazioni riscontrate su “opere fra di loro disparate” (statue, basi, urne, mete, ecc.) e da lui trasposte in architettura perché ne ha “ben potuto ragionevolmente supporre, che questi dovessero essere comuni alle pareti, ove tanto meglio possono disporsi” (Ragionamento, 2). Significativo in tal senso il caso delle due fasce istoriate poste alle estremità laterali della tavola, ispirate secondo Battaglia (1994, p. 251) alle immagini “dipinte su di una stoffa in tela destinata a coprire il corpo di una mummia che era stata illustrata nel Recueil” (Caylus 1762, V, tav. IX). Dal testo di Caylus derivano anche le due teste di scimmia che compaiono ai lati del sarcofago sopra al camino (Caylus 1752, I, tav. XV, III).
Dal punto di vista esecutivo, invece, si evidenzia la consueta perizia tecnica riservata alla resa prospettica dell'immagine, definita dall'alternanza tra luci e ombre che guidano l'osservatore nella lettura volumetrica delle figure e degli elementi architettonici. Per movimentare l'effetto delle ombreggiature, e in particolare di quelle non proiettate sul piatto fondale della lastra marmorea, l'autore ricorre a sparuti e saltuari micro interventi a bulino in modo da ottenere in stampa tonalità scure ricche di sfumature, quest'ultime suggerite dalla maggiore quantità di inchiostro trattenuto dai segni incisi a tecnica diretta che risultano più profondi rispetto a quelli realizzati con l'acquaforte (si veda a esempio il tessuto segnico all'interno del camino o quello intorno alle stelle che adornano la parte superiore della tavola).
Si segnala infine che la matrice è stata erroneamente inventariata con il numero arabo 879.b, inciso in alto a sinistra, numero pertinente alla lastra seguente cat. 89.
Nelle prime edizioni consultate (BAV, R.G. Arte Archeologia; GNAM) la tavola non risulta ancora numerata.

Bibliografia

  • Petrucci, 1953, p. 289, n. 879a, tav. 5  
  • Focillon, 1967, p. 354, n. 865
  • Wilton-Ely, 1994, p. 936, n. 863
  • Ficacci, 2000, 540, n. 675.
  • MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.  

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto

Compilazione

Compilatore: Ciro Salinitro
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