Piranesi Giovanni Battista

Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778

Cammino che si vede nel Palazzo di Sua Ecc.za Milord Conte D'Exeter

Inventario

Numero inventario: M-1400_877a
Inventario storico di categoria: 1400/877a
Nuovo inventario di categoria: 11530
Stampa corrispondente: S-CL2418_19572
IVS2: CL54701_14425
Collocazione: Calcoteca

Autori

Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Inventore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)

Soggetto

Titolo proprio: Cammino che si vede nel Palazzo di Sua Ecc.za Milord Conte D'Exeter
Serie: Diverse maniere d'adornare i cammini...
Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)

Oggetto

Definizione: matrice incisa

Cronologia

Datazione: 1769 (Sec. XVIII)

Dati tecnici

Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 383 x 252; spess. 1,1-1,9

Iscrizioni

Iscrizioni: In alto a sinistra: 877.a.
In basso al centro: Cammino che si vede nel Palazzo di sua Ecc.za Milord Conte D'Exeter a Burghley in Inghilterra. / Le Cariatidi e li tre Camei di pietra rossa d'Egitto con fondo lattato sono antichi, tutto il resto de' / suoi finissimi intagli sono di marmo bianco, le cornici de' Camei e l'orlo della tavola di pietra rossa sopra la cor= / nice sono di metallo dorato. Fatto in Roma con la direzzione e disegno del Cav. Gio. Batta Piranesi Architetto.
In basso a sinistra: 1.

Osservazioni:

Osservazioni: Come dichiarato nella didascalia, peraltro presente solo in alcune tavole dell'opera (nella prima edizione BAV, R.G. Arte Archeologia non è presente la didascalia, anche se c'è lo spazio riservato bianco; nelle altre edizioni consultate invece compare), questo camino fu realizzato per il Palazzo del Conte di Exeter a Burghley nel Lincolnshire, dove ancora oggi si trova.
Sulla modalità della committenza inglese da parte di Lord Exeter la critica è discorde: mentre Rieder (1975, p. 585) sostiene che fu ordinato a Piranesi da Robert Adam per il Milord, Wilton-Ely (1993, p. 164, n. 17) afferma che fu il Lord a ordinarlo direttamente a Piranesi in un suo viaggio a Roma del marzo 1769: una data così avanzata rispetto alla pubblicazione delle Diverse Maniere d'adornare i Cammini, nel gennaio 1769, potrebbe giustificare il fatto che in alcune edizioni antiche il camino risulterebbe privo dell'iscrizione sottostante e dell'Avviso al pubblico, in cui l'autore parla di questa incisione (si veda oltre; Battaglia 1994, nota 106, p. 266).
La matrice è la prima di tre tavole di camini con le quali si apre la raccolta, caratterizzate dal formato verticale e dall'accoglimento di soluzioni decorative che si estendono anche alla parete, secondo il principio dell'estetica rococò, ribadito dall'autore nel Ragionamento Apologetico, testo tipografico introduttivo alle Diverse Maniere, dove scrive infatti che questi vanno: “… messi direi quasi a concerto col resto del gabinetto di cui son parte” (p. 2).
Per la decorazione del rivestimento ligneo parietale è comune alle prime tre tavole il ricorso esplicito al repertorio ercolanense: volatili elegantemente appuntati a sottili ghirlande vegetali, pavoni con code che terminano in girali, profili di volti di sileni. L'arte antica riscoperta ad Ercolano era stata resa nota agli studiosi e agli amanti delle belle arti attraverso la pubblicazione de Le Antichità di Ercolano esposte (1757-1792), opera in otto volumi curata dall'Accademia Ercolanense nella Regia Stamperia di Napoli. Piranesi doveva essere in possesso dei volumi III, IV e V poiché nel catalogo di vendita dei beni di Francesco Piranesi del 1810, alla voce n. 94, sono elencati “les 3, 4 e 5 vol. d'Antiquité d'Hercolanum” (Notice historique 1810, p. 13; e Battaglia 1994, pp. 218-219). In questa tavola sono presenti puntuali riferimenti al volume III del 1762 (il fauno funambolo nella tav. XXXII, incisa da Carlo Nolli) e IV del 1765 (la Venere Anadiomene nella tav. IV, p. 21, incisa da Filippo Morghen; le testine di fauno reclinate nel finalino della p. 14) entrambi dedicati alle Pitture antiche d'Ercolano e contorni. Il dettaglio delle teste di fauno reclinate all'indietro e con le nuche accostate sarà ripetuto più volte da Piranesi, non solo nei camini: lo si ritrova anche in versione tridimensionale attorno al corpo del celebre Vaso Warwick (Vasi, Candelabri, Cippi, 1778, I, tavv. 2-4). Il camino è realizzato in marmo con profili di metallo dorato e inserti di frammenti antichi di porfido: i “Camei” sul fregio, raffiguranti fiere nei rettangoli laterali e fauni sacrificanti al centro; e le “Cariatidi” sui montanti. La commistione tra i pezzi antichi e le moderne manifatture comunque ispirate all'antico è una caratteristica dei camini piranesiani, che dunque assurgono a una dichiarazione poetica sulla libertà d'invenzione, rivendicata dall'autore per l'architettura e le arti del suo tempo. Tra gli altri elementi decorativi si evidenziano sul fregio i geni alati desinenti in girali di acanto che ricorrono nei repertori di disegni attribuiti a Piranesi e bottega.
Sopra le erme sugli stipiti compaiono teste di elefanti affrontate, in relazione alle quali si segnala un disegno per un camino attribuito a Piranesi presso la Pierpont Morgan Library di New York (inv. 1966:11:61), in cui però questo motivo si trova al centro del fregio.
Teste di elefanti compongono anche la decorazione angolare del candelabro antico appartenente a Piranesi rinvenuto a Villa Adriana, che riproduce nell'opera Vasi, Candelabri, Cippi, 1778, II, tav. 96, e che forse può essere considerato l'ispirazione per il motivo.
Ai lati dei montanti sono sedute su plinti due sfingi alate, assai frequenti nei disegni piranesiani e di bottega, proposte con le più varie disposizioni delle ali. Certa è la derivazione dall'antico, e Piranesi stesso ne discute nel Ragionamento, citando come esempio il capitello con sfingi di Villa Borghese, pubblicato nella sua opera Della Magnificenza ed Architettura de' Romani, 1761, tav. XIII, e ripreso dall'architetto nei capitelli della facciata di Santa Maria del Priorato. La disposizione di ali che la sfinge assume in questa tavola dei Camini la rende più simile però alle sfingi del tripode antico di bronzo proveniente da Ercolano e oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (cfr. Panza 2017, pp. 237-238), dove le creature mitologiche sono scolpite con le ali analogamente alzate in posizione verticale (riprodotto da Piranesi in Vasi, Candelabri, Cippi, 1778, I, tav. 44).
Sulla base di una somiglianza stilistica Rieder accosta al camino di Exeter quello di Gorhambury (sala da disegno) in Inghilterra, attribuendo anche quest'ultimo all'atelier di Palazzo Tomati (cfr. Rieder 1975). Nella prima edizione BAV, R.G. Arte Archeologia la tavola derivante dalla matrice originale occupa il secondo posto nella raccolta. Anche nella prima edizione GNAM la tavola non era stata ancora numerata, ma reca già didascalia e occupa il primo posto. Dalle analisi condotte sulle incisioni per la pubblicazione di questo volume, in particolare dal confronto tra le diverse edizioni a stampa e il rame corrispondente, questa matrice è risultata essere una replica dell'originale perduta (cfr. Note a margine). Osservando infatti i segni tracciati sul rame, così come il posizionamento delle interpunzioni nella didascalia, questi non corrispondono esattamente a quelli sulle stampe originali (si notino ad esempio le trame grafiche degli elementi decorativi in alto, le code dei pavoni che si arricciano, e anche la tessitura grafica della fiamma all'interno del camino). Si è escluso che le differenze possano essere state causate da varianti di stato, poiché si è verificato che non esistono sulla lastra interventi meccanici finalizzati a rimuovere parte dell'inciso corrispondente.
L'edizione Piranesi Frères nelle collezioni della Fondazione Cini (Venezia) ha inserita già la stampa da matrice replicata.
La matrice nelle collezioni della Calcoteca dell'ICG è comunque un prodotto di notevole qualità tecnica, inciso all'acquaforte con piccoli ritocchi a bulino distribuiti nel tessuto decorativo; le ombreggiature dei dettagli risultano essere assai semplificate rispetto alla stampa di partenza, anche se con l'impiego del brunitoio (sul velo della Venere e attorno alle fiamme, ad esempio) l'incisore/copista tentò di conseguire, abbassando i segni incisi, quell'effetto di resa tonale che doveva caratterizzare la matrice perduta, e al quale Piranesi aveva voluto conferire grande risalto. Nell'Avviso al pubblico affiancato all'incisione in alcune edizioni della raccolta (ASL; BAV, R.G. Arte Archeologia) egli infatti scriveva che il disegno: “... non è riuscito poi in stampa con quella felicità, che avrei voluto per rappresentarlo qual'è in fatti... Oltre ché il rame non fa risaltare la ricchezza degli ornamenti, il chiaroscuro non esprime a quel punto, che desideravo gli alti, e i bassi, e quel maggior e minore rilievo, che ha l'opera ... tutto ciò non è colpa, che del chiaroscuro, il quale in tanta molteplicità di cose, non ha secondato sempre l'intenzione, e l'idee dell'autore. Il bulino, e l'intaglio ad acquaforte non ha ubbidito all'incisore, come avrebbe voluto l'architetto, e questi ha meglio amato di lasciare il rame meno perfetto, che di metterlo a rischio di restare deformato, col ritornarci sopra un'altra volta”.

Bibliografia

  • Petrucci, 1953, p. 289, n. 877a, tav. 1  
  • Focillon, 1967, p. 354, n. 861
  • Wilton-Ely, 1994, p. 895, n. 822
  • Ficacci, 2000, 516, n. 634.
  • MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.  

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto

Compilazione

Compilatore: Giovanna Scaloni
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