Piranesi Giovanni Battista

Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778

[Dettagli di piedistalli]

Inventario

Numero inventario: M-1400_290a
Inventario storico di categoria: 1400/290a
Nuovo inventario di categoria: 10788
Stampa corrispondente: S-CL2399_18886
IVS2: CL2399_18886
Collocazione: Calcoteca

Autori

Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Inventore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)

Soggetto

Titolo proprio: [Dettagli di piedistalli]
Serie: Della magnificenza ed architettura de' romani
Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)

Oggetto

Definizione: matrice incisa

Cronologia

Datazione: 1761 (Sec. XVIII)

Dati tecnici

Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 406 x 261; spess. 1,5-1,9

Iscrizioni

Iscrizioni: In alto a sinistra: 290.a; al centro: Tab. IV
Sotto, in alto da destra: In cavaedio / Triumviror. Capitolij; In Arcu Titi; In Arcu Septimij Severi
In basso a sinistra: Ex Obelisco Fori / Vaticani; in basso lungo il margine destro: Sciographia Stylobatae / obelisci Vaticani
Sul verso della matrice: pianta e alzato di portale.

Osservazioni:

Osservazioni: A partire dalla tavola IV (cat. 32), sino alla XX (cat. 51), inizia una lunga sequenza di elementi architettonici (basi, capitelli, colonne, trabeazioni) tesa a dimostrare, per mezzo di raffronti diretti, la superiorità dell'arte romana su quella greca. Le immagini fanno da supporto grafico alla dissertazione sugli ordini architettonici classici, dove Piranesi, influenzato dalle teorie di Carlo Lodoli (secondo cui soltanto la funzione giustifica la forma), si schiera in particolare contro l'usanza dei Greci di adornare eccessivamente l'architettura. Tale concetto viene illustrato servendosi di numerosi esempi di decorazioni architettoniche tratte da opere presenti a Roma, ma ritenute di fattura ellenica, qui raccolte in serie per evidenziare "quanto sia stato irregolare" e poco confacente "l'ingegno de' Greci nell'architettura, essendosi eglino presa a poco a poco la libertà di farvi tutto quel che volevano" (p. 18). La difesa razionalistica dello stile austero sostenuta nel testo, tuttavia, entra in contrasto con la passione per le invenzioni decorative manifestata nell'apparato iconografico, tanto da indurre lo stesso autore a giustificare questa contraddizione affermando che i romani, dopo aver abbandonato lo stile etrusco, corressero e superarono i modelli greci (cfr. p. 17).
Nelle tavole IV e V (catt. 32-33), di seguito analizzate, viene affrontata la tematica delle modanature su basi e corone. Si tratta di semplici rilievi geometrici finalizzati a dimostrare, sull'esempio degli antichi egizi, che la maestosità di un'opera architettonica viene esaltata dalla chiara distinzione dei suoi elementi costitutivi in quanto le "leziosaggini" decorative, se viste di scorcio, finiscono per rendere meno grandiose le forme. Le due immagini sono caratterizzate da un impianto lineare talmente elementare da non lasciare dubbi circa la loro attribuzione alla bottega, avallata peraltro dalla presenza sul rovescio dei rami di incisioni che testimoniano il successivo uso del verso delle lastre per esercitazioni tecniche (questi tracciati segnici, infatti, sono posteriori all'esecuzione delle immagini sul recto, cfr. Salinitro in Mariani, 2014, p. 57, nota 9).
Il primo dei due rami, entrambi incisi quasi del tutto ad acquaforte, riproduce nella parte alta della composizione il profilo ombreggiato della base dell'Arco di Tito (fine I sec d.C.; cfr. Mariani, 2010, cat. 49), affiancato da altri due basamenti delineati a contorno; in basso, invece, sono raffigurati - all'interno di una sorta di cornice tridimensionale che ne mette in risalto l'importanza - alcuni dettagli del piedistallo dell'obelisco Vaticano, portato a Roma da Caligola nel 40 d.C..
L'esame della lastra ha evidenziato la presenza di alcune abrasioni in corrispondenza delle didascalie (vedi in particolare sotto l'indicazione del numero di tavola e della parola cavaedio), e di ulteriori tracce di bruniture riconducibili a interventi successivi alla prima edizione del volume. In particolare risultano parzialmente abbassati con il brunitoio sia alcune linee di costruzione del disegno sia i segni di due graffi sul dettaglio inferiore del piedistallo egizio. Gli effetti di queste operazioni sono visibili sugli esemplari a stampa solo a partire dall'edizione di Firmin Didot, pertanto è plausibile che siano connessi alla campagna di restauri, non documentata ma di cui si sono riscontrate più volte le tracce sui rami (cfr. Salinitro in Mariani, 2014, cat. 197), effettuata prima della tiratura dell'editore francese.
Particolarmente interessante si è rivelato il bozzetto inciso a secco sul verso di questa matrice, stranamente non segnalato nell'elenco redatto da Monferini (1967, pp. 265-268) ma di cui si conserva una stampa all'Istituto Centrale per la Grafica. L'immagine raffigura in maniera piuttosto definita il prospetto e la pianta del portale d'ingresso di Palazzo Farnese a Caprarola. Per il suo grado di completezza è possibile ipotizzare che si tratti di un bozzetto eseguito in previsione di una futura incisione di questo soggetto, che tuttavia non risulta sia mai stata realizzata da Piranesi o dalla sua bottega (per un'analisi approfondita dell'immagine vedi Salinitro in catalogo, pp. ).
La seconda matrice (cat. 33), invece, è dedicata alle varianti decorative introdotte dai greci sulle membrature architettoniche. Come la precedente, anche la composizione di questa tavola presenta una netta separazione ottenuta attraverso due cornici affiancate: quella di sinistra illustra 22 particolari di modanature, mentre quella di destra riproduce quattro dettagli sovrapposti di coronamenti tratti da pezzi di scavo.
L'esame diagnostico delle aree in sottolivello presenti sulla superficie del rame ha dimostrato che furono eseguite due elaborazioni successive dell'immagine, connesse alla modifica dell'organizzazione delle figure e del testo della tavola. In particolare i dati tecnici osservati in corrispondenza delle abrasioni localizzate sotto e in prossimità dei tracciati relativi ai frammenti scoperti nel 1758, vicino la basilica dei SS. Giovanni e Paolo al Celio, sembrano suggerire che le figure 2, 3, 4 siano state aggiunte – sempre ad acquaforte – dopo la prima stesura della tavola.
Il rovescio della lastra risulta anch'esso inciso con una serie di tracciati lineari - in prevalenza di tipo meccanico - ad andamento orizzontale, verticale e obliquo (cfr. Monferini, 1967, p. 267, n. 937); vicino a uno dei due lati corti, inoltre, si segnalano due piccoli studi raffiguranti i profili di una colonna rastremata verso l'alto e a una sorta di piedistallo.

Bibliografia

  • Petrucci, 1953, n. 290a, tav. 4, p. 256  
  • Focillon, 1967, n. 936, p. 361
  • Wilton-Ely, 1994, n. 764, p. 832
  • Ficacci, 2000, n. 441, p. 363.
  • MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.  

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto

Compilazione

Compilatore: Ciro Salinitro
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