Piranesi Giovanni Battista

Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778

[Due basi di colonne]

Inventario

Numero inventario: M-1400_294
Inventario storico di categoria: 1400/294
Nuovo inventario di categoria: 10794
Stampa corrispondente: S-CL2399_18891
Collocazione: Calcoteca

Autori

Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Inventore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)

Soggetto

Titolo proprio: [Due basi di colonne]

Serie: Della magnificenza ed architettura de' romani
Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)

Oggetto

Definizione: matrice incisa

Cronologia

Datazione: 1761 (Sec. XVIII)

Dati tecnici

Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 477 x 279; spess. 1,8-2,0

Iscrizioni

Iscrizioni: In alto a sinistra: 294; a destra: Tab. IX.
Sotto in alto: Vetus Spira in Basilica Divi Pauli
In basso nel cartiglio: Columna porphyretica cum spira, in Baptisterio Constantini Magni Imperatoris
In basso a sinistra: Piranesi F.

Osservazioni:

Osservazioni: Dopo aver mostrato gli ordini dell'architettura greca (cfr. cat. 34), nelle successive sette tavole (catt. 35-41) Piranesi riproduce diverse tipologie di elementi architettonici, tutti caratterizzati da singolari partiti decorativi. Come già affermato (cfr. cat. 33), si tratta di un vasto repertorio ornamentale scelto per dare risalto alle teorie sulle "leziosaggini" dell'architettura greca, ma che d'altro canto celebra la ricchezza e la varietà delle decorazioni architettoniche romane di età imperiale. Secondo l'architetto veneto, infatti, una volta entrati in contatto con la civiltà ellenica i "toscani furono costretti a deporre in parte l'antica severità" (p. 27), elaborando nuove forme ornamentali che superarono per ingegno compositivo i modelli classici (cfr. Wilton-Ely, 2002, p. 24).
La prima tavola del gruppo (cat. 35) documenta alcuni capitelli, tra cui un insolito esemplare rinvenuto nei pressi di Perugia; si tratta di uno dei pochi elementi a cui l'autore fa riferimento nel testo, dove cita la sua caratteristica decorazione a foglie d'acanto, qui sormontate da testine di putti, come esempio dell'influsso di opere o maestranze greche in ambito italiano (cfr. p. 28).
Dal punto di vista tecnico-esecutivo la matrice è incisa quasi del tutto ad acquaforte, eccetto per alcuni rientri a bulino in quei segni che coincidono con le aree più ombreggiate del capitello corinzio a foglie lisce e della modanatura indicata con il numero 4. Sulla parte superiore del capitello figurato di Casa Professa, inoltre, sono state rilevate le tracce di lievi bruniture funzionali ad abbassare gli incavi di alcuni segni, in modo da rafforzare in fase di stampa l'effetto luministico che colpisce la superficie lapidea. Gli esiti di questa modifica tonale, tuttavia, non sono visibili nelle stampe tirate in occasione della prima edizione, mentre compaiono sia nel foglio del fondo Ashby, conservato al Gabinetto stampe della Biblioteca Apostolica Vaticana, sia in quelli pubblicati da Firmin Didot; ne consegue quindi che l'intervento fu effettuato probabilmente nel periodo in cui i rami erano in Francia (1799-1838), forse proprio dal figlio Francesco che - come ravvisato in altre matrici (cfr. Salinitro in Mariani, 2014, cat. 152) - non esitò a ritoccare le opere del padre.
La seconda tavola (cat. 36) illustra un pilastro decorato affiancato da sette frammenti di colonne provenienti da ville romane. La composizione è ottenuta tramite molteplici morsure in acquaforte che consentono di graduare l'intensità chiaroscurale dei piani spaziali, emulando gli effetti di luce diretta sulle superfici con velature di vernice di riserva stesa a pennello; completano l'inciso alcuni puntuali ritocchi a tecnica diretta concentrati soprattutto sull'area del fregio, in modo da marcare con segni profondi le zone più in ombra della figurazione (vedi l'immagine della cornucopia e dei due gruppi di pesci e uccelli). Si segnalano infine diverse tracce di micro-abrasioni, di cui una è riconducibile alla correzione del tracciato segnico, poi ripristinato a bulino (vedi la parte più alta della sezione illustrata in figura 2), mentre le altre sono correlate a operazioni di nettatura della superficie metallica.
Nella terza tavola (cat. 37) sono riprodotte due basi composite di colonna, reimpiegate rispettivamente nella Basilica di San Paolo fuori le mura e nel Battistero di San Giovanni in Laterano (quest'ultimo elemento appare replicato anche nell'architettura di fantasia delineata sulla tavola con il ritratto di Papa Clemente XIII, cat. 27). Le due raffigurazioni sono qui separate tramite un cartiglio che contiene l'esemplare lateranense, secondo un espediente compositivo spesso adottato per questo volume. L'incisione è realizzata ad acquaforte, accentuando le ombreggiature sul fusto della colonna porfirica del Laterano (vedi la fascia sotto al finto ricciolo cartaceo) con localizzati interventi a bulino. Sotto al margine superiore della lastra, in linea con la didascalia, si rileva una profonda abrasione orizzontale tra la X del numero di tavola e la parola Spira, segno che l'iscrizione fu spostata forse per allinearla alla sottostante figurazione.
Nelle quattro immagini successive (catt. 38-41) continua la sequenza di basi e capitelli riccamente decorati: anche su queste matrici la definizione delle superfici è affidata alle vibrazioni chiaroscurali proprie dell'acquaforte, ricorrendo all'uso della tecnica diretta per marcare l'effetto delle ombreggiature e definire alcuni dettagli delle figurazioni.
Sui rami corrispondenti alle tavole X (cat. 38) e XI (cat. 39) non si rilevano particolarità significative, tranne per alcune abrasioni relative alla correzione delle iscrizioni (vedi le lettere ax di Praxedis e l'avvallamento accanto alla X del numero di tavola che lascia ipotizzare una diversa sistemazione del foglio all'interno del volume, cat. 38) e alla cancellazione delle linee di costruzione che fuoriescono alla destra della base in aede Verospia (cfr. cat. 39).
Più interessanti, invece, le tavole XII e XIII. La prima delle due lastre (cat. 40) mostra una piccola abrasione in corrispondenza della figura femminile frontale effigiata sul capitello a Kalathos di Villa Albani, la cui parte centrale del volto è stata incisa nuovamente a bulino da una mano esperta; ulteriori abrasioni rivelano la correzione del numero di tavola e delle scritte didascaliche cavedio e PP. Soc. Jesu (in merito a queste ultime operazioni, cfr. cat. 29). La consultazione delle stampe tirate dalla matrice, inoltre, ha messo in risalto la curiosa presenza di un intervento diretto a matita sul foglio del volume conservato all'Accademia di San Luca. Si tratta di un segno breve e leggero tracciato sopra la base proveniente dalla vigna Lepri per indicare l'ipotetica linea di contorno della colonna soprastante, come nell'esemplare della vigna Cavalletti inciso alla sinistra del rame; resta tuttavia il dubbio se questo segno sia ascrivibile a Piranesi o a interventi successivi non identificabili, in quanto non sono stati rilevati segni simili né sulla matrice né su altre stampe (segni a matita si riscontrano anche sui fogli relativi alle tavole XI e XX del volume conservato alla Biblioteca Corsiniana, ma in questi due casi sembrano correlati con tutta probabilità a operazioni di studio effettuate dai proprietari del volume).
L'ultima tavola in esame (cat. 41), raffigurante tra gli altri alcuni particolari dell'Arco di Settimio Severo (cfr. Garacci in Mariani, 2014, cat. 56), presenta numerose abrasioni sulla superficie del rame che documentano una probabile modifica della composizione. Gli interventi più significativi si registrano nella parte superiore destra della lastra, in corrispondenza del capitello di pilastro a cuscino conservato a Villa Borghese. L'analisi microscopica ha rivelato che questo soggetto è stato inciso ad acquaforte sopra l'area abrasa del metallo, in una fase sicuramente posteriore al resto della figurazione (dato confermato anche dalla presenza attorno al reperto più grande di alcuni segni di morsura, in parte bruniti, imputabili alla penetrazione dell'acido sotto lo strato di vernice acido-resistente); considerata la particolare morfologia di queste abrasioni, la cui sagoma allungata sembra indicare delle preesistenti iscrizioni didascaliche, è plausibile che la composizione finale dell'immagine sia stata modificata a incisione già ultimata (da prassi, infatti, i letteristi erano gli ultimi a intervenire), forse in un momento di poco precedente alla pubblicazione del 1761 (cfr. cat. 29). Tale ripensamento dell'autore potrebbe essere stato motivato dall'esigenza di aggiornare una figurazione creata già da tempo, il che indurrebbe ad avallare l'ipotesi che l'esecuzione delle matrici sia iniziata alcuni anni prima di questa edizione (cfr. Ficacci, 2000, p. 356).
Altre abrasioni si riscontrano sia nella zona centrale della lastra, affianco all'imposta del fornice dell'Arco di Settimio Severo e sotto al capitello a foglie d'acqua di Villa Borghese, sia in quella inferiore, sotto al frammento indicato con il numero I. Nel primo caso, vista la forte inclinazione dei solchi, gli interventi sembrano riconducibili all'eliminazione di alcuni segni accidentali, quali graffi o difetti di morsura; nel secondo alla cancellazione di un'ulteriore scritta didascalica; nel terzo, infine, alla rimozione di alcune linee di costruzione del disegno.


Stampa corrispondente alla matrice CL 2399/18891 (Piranesi, tomo VII).

Bibliografia

  • Petrucci, 1953, n. 294, tav. 9, p. 256  
  • Focillon, 1967, n. 941, p. 361
  • Wilton-Ely, 1994, n. 769, p. 837
  • Ficacci, 2000, n. 446, p. 367.
  • MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.  

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto

Compilazione

Compilatore: Ciro Salinitro
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