Piranesi Giovanni Battista

Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778

Avanzi di un Collegio di Silvano Aureliano distanti circa quattro miglia da Roma

Inventario

Numero inventario: M-1400_229
Inventario storico di categoria: 1400/229
Nuovo inventario di categoria: 10719
Stampa corrispondente: S-CL2396_18819
IVS2: CL16258
Collocazione: Calcoteca

Autori

Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Inventore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)

Soggetto

Titolo proprio: Avanzi di un Collegio di Silvano Aureliano distanti circa quattro miglia da Roma
Serie: Le antichità romane
Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)

Oggetto

Definizione: matrice incisa

Cronologia

Datazione: 1746-1756 (Sec. XVIII)

Dati tecnici

Materia e tecnica: Acquaforte su rame con ritocchi a bulino;
Misure: mm 464 x295, spess. 1,7-2,2

Iscrizioni

Iscrizioni: In alto: AVANZI DI UN COLLEGIO DI SILVANO AURELIANO DISTANTI CIRCA QUATTRO MIGLIA DA ROMA FUORI DELLA / PORTA MAGGIORE NEL LUOGO DENOMINATO LE CENTO-CELLE SPETTANTE ALL'ECCELLENTISSIMA CASA BARBERINI
Sotto a sinistra: Tav. LVII. / 229
Sotto a destra: Tom. IV.
In basso: Le qui sopra riportate Iscrizioni che sono la prova della denominazione de' detti Avanzi, son possedute dall'Eminentissimo Signor Cardinale Alessandro Albani per esser collocate / nella Galleria della Villa, che con Real magnificenza fa fabbricare e adornare de' piu preziosi monumenti dell'Antichità fuori della Porta Salaria. Furono nell'Ottobre del 1755. ri=/ trovate dal Sig. re Abate Marcucci Benefiziato di S. Maria Maggiore nel sito segnato in Pianta colla lett. A fra le rovine de' medesimi Avanzi ivi distinti colla lett. B, e dimostrati in prospettiva / alla fig. C. Ciò accadde per essere state scoperte nella intemperie dell'escrescenza delle acque del rivolo aderente alla Via pubblica al quale esse facevan ripa assieme con altro avanzo di muro / dello stesso Collegio, da me adombrato intorno alle medesime, e distinto colla lett. D. L'Eminenza Sua, per vedere se fosse reperibile nello stesso sito onde furono estratte le Iscrizioni qualche / altra memoria degna d'esser conservata nella surriferita sua Villa, vi fece scavare e vi furon trovati de' grossi macigni di travertino che proseguivano da A verso B lungo lo stesso / rivolo, e che poi furono trasportati altrove. Non era mio assunto in quest'Opera il ritrarre simili avanzi, ma giacchè il Sig.re Abate Venuti, alle pag. 1 e 2 della Dichiarazione / di queste Iscrizioni, da lui stampata in Roma nell'anno scorso 1756 sotto nome di: Marmora Albana : e dedicata alla Celeberrima Real' Società degli Antiquarj di Londra, le fa sup=/ porre ritrovate sull'Aventino, presso al sito ove anticamente era il Tempio di Silvano e d'Ercole, con dedurre che un tal Collegio fosse aderente allo stesso Tempio; ho perciò / creduto mio debito di riferire e gli uni e le altre fedelissimamente copiate in questa Tavola non tanto perchè il Pubblico, su di una falsa supposizione, non mi avesse a / riprendere di poca avvedutezza o contradizione a questa nuova scoperta nell'aver tralasciato di delinear questi avanzi sullo stesso Colle nella Topografia delle Vestigia di Ro=/ ma antica da me data nella seconda Tavola del primo Tomo, quanto perchè gli Eruditissimi miei Consocj di detta Regia Società e con essi lo stesso Pubblico oltre l'aver potuto / giudicare da loro stessi della felicità della dichiarazione delle Iscrizioni, restino eziandio sincerati di tale abbaglio, e del vero sito della invenzione delle medesime, del quale / non ha voluto accertarli il Sig.r Abate Venuti, sebben lo potesse, per avere scritto contemporaneamente alla nuova scoperta; conchè si renderà agli stessi avanzi il pregio recentemente ri=/ conosciutone, e di cui esso Sig.r Abate avea tentato spogliarli colla divisata sua stampa. Inoltre alla pag. 4. della stessa Dichiarazione asserisce, che sul Viminale dalla parte di Occi=/ dente rimanghino peranche degli Avanzi di un'altro Tempio di Silvano, e ch'essendo questo anticamente caduto fosse restituito da Sesto Antonio Trevirense. Rispetto all'esistenza / degli Avanzi cita il parere del Marliano; ma questi dice soltanto che un tal Tempio poteva forse essere stato dalla parte occidentale del detto Colle senz'aggiungere che ve ne ri=/ manesse vestigio. Rispetto poi alla restituzione, cita una iscrizione del Grutero alla pag. 64. num. 6., che non ha alcuna relazione al Tempio del Viminale, giacchè non / vi si legge in qual ragione fosse il Tempio di cui parla; anzi essendo stata copiata dai monumenti di Augusta, come attesta lo stesso Grutero, si deve credere ch'/ ella parli di un Tempio di Silvano stato in quelle parti. Abbiamo bensì in altra iscrizione riportata dal medesimo Marliano, che un certo Giocondo ( non / già Sesto Attonio, o Antonio, come legge il Sig.r Abate) impone per testamento ai suoi figli la riparazione del Tempio di Silvano sotto il Viminale. Ciò sia parimenti detto per / mia giustificazione in non aver delineati tali pretesi avanzi intorno a questo Colle nella surriferita mia Topografia./ ** Syntaxis sensus liquidissimus, quem Venutus reprobat et dum contruere nititur, destruit. Vide ejus libell. Marmor. Albanor / Piranesi del. ed inc.

Osservazioni:

Osservazioni: Nel 1755, in località Centocelle sulla via Labicana, oggi quartiere della periferia romana, furono ritrovate in una proprietà dei Barberini le due lastre marmoree raffigurate da Piranesi in questa tavola (CIL VI 631 e CIL VI 632). La prima lastra è datata al 177 e reca una dedica dei gladiatori initiales collegi Silvani Aureliani e risale probabilmente alla fondazione del collegio dedicato alla divinità; la seconda ricorda il restauro del suo signum di Silvano. Il luogo del ritrovamento delle due lastre indusse Piranesi a ritenere che appartenessero a un edificio che sorgeva allora a pochi metri di distanza, scambiato per il collegium Silvani: si trattava in realtà di un sepolcro del tipo a tempietto con volta a crociera che esisteva al IV miglio della via Labicana e che è andato distrutto. Le lastre, conservate a villa Albani, nella Galleria della Leda), proverrebbero invece dall'Urbe, e sarebbero state trasportate in quel luogo in tempi moderni, per essere riutilizzate come materiale edilizio per la costruzione di un margine lungo il torrente che costeggiava la via (LTUR V, Silvani Aureliani initialum colegii schola, C. Ricci, pag. 86; Labicana via, Z. Mari, pag. 124), punto esatto dove in effetti le lastre furono trovate (vedere didascalia di Piranesi alla tavola).
Sulla tavola impostata verticalmente si finge un cartiglio con la veduta del monumento sullo sfondo del paesaggio suburbano e corredata dalla pianta del relativo tratto della via Labicana; la veduta è appuntata su un brano del muro che faceva da margine al torrente, sopra il quale sono disposte le due lastre marmoree. La matrice fu aggiunta al corpus delle Antichità Romane l'anno successivo alla prima edizione del 1756 (motivo per il quale non la troviamo negli esemplari Cicognara e Barberini appartenenti alla Biblioteca Apostolica Vaticana e in quello donato alla Biblioteca Corsini, mentre appare nell'esemplare del 1761 donato all'Accademia di San Luca). Nella didascalia della tavola leggiamo, infatti, che Piranesi aggiunse questa tavola nel 1757 per replicare alla trattazione di questi reperti fornita da Ridolfino Venuti in Marmora albana, sive in duas inscriptiones gladiatorias conjecturae, opera pubblicata l'anno precedente in cui si affermava che le iscrizioni erano state ritrovate sull'Aventino, presso un tempio di Silvano ed Ercole.
La matrice è stata lavorata quasi interamente ad acquaforte, enfatizzando con morsure ripetute e con l'infittimento delle linee orizzontali del tratteggio lo stacco dei frammenti sul fondo. L'immagine nel cartiglio è stata realizzata con il repertorio tecnico-stilistico proprio delle vedute piranesiane già osservate; il paesaggio sullo sfondo è composto da formazioni di linee flessuose, che intaccano leggermente la matrice (si veda il particolare dei rilievi montuosi a destra, dove le linee sono ridotte a virgole e tratti leggeri nei versanti esposti alla luce), sullo sfondo di un cielo (lo stesso che caratterizza la maggior parte delle vedute delle Antichità Romane) costruito con campiture di linee orizzontali parallele e diagonali ondulate, modulate con un uso pittorico della vernice di riserva e raccordate attraverso gradazioni date dalla vernice di riserva e da aree di contorno integre o intaccate a piccoli tratti. Ritocchi a bulino si concentrano all'interno della volta a crociera del sacello e lungo i bordi dei muri laterali, nel personaggio in primo piano nell'angolo a sinistra e nelle ombre circostanti, oltre che nel risvolto del cartiglio e lungo il bordo destro.

Bibliografia

  • Petrucci, 1953, n. 229, tav. 57, p. 252  
  • Focillon, 1967, n. 395, p. 310
  • Wilton-Ely, 1994, n. 528, p. 582
  • Ficacci, 2000, n. 386, p. 319.
  • MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.  

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto

Compilazione

Compilatore: Mariasole Garacci
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