Piranesi Giovanni Battista

Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778

Pianta e Frammenti della Camera sepolcrale esistente nella Vigna Casali a Porta S. Sebastiano

Inventario

Numero inventario: M-1400_104b
Inventario storico di categoria: 1400/104b
Nuovo inventario di categoria: 10564
Stampa corrispondente: S-CL2394_18691
IVS2: CL16213
Collocazione: Calcoteca

Autori

Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)

Soggetto

Titolo proprio: Pianta e Frammenti della Camera sepolcrale esistente nella Vigna Casali a Porta S. Sebastiano
Serie: Le antichità romane
Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)

Oggetto

Definizione: matrice incisa

Cronologia

Datazione: 1751-1756 (Sec. XVIII)

Dati tecnici

Materia e tecnica: Bulino su rame;
Misure: mm 46 x 517, spess. 1,9-2,4

Iscrizioni

Iscrizioni: Didascalia: A Questa Pianta di forma quadrata ha quattro grand'Archi, o sieno Tribune, in oggi quasi affatto coperte dal terreno, le quali sostengono le Pareti. Sono elleno distribuite in altre piccole nicchie, / parte quadrate, e parte semicircolari, ed hanno la Volta a crocciera, e lavorata a scompartim.ti di Stucco. La Fabbrica è costruita di Tavolozza B, e di Riempitura C. D Scala, per la quale da sopra / de' Colombaj E discendevasi al Piano A. F Nicchie quadrate, ovvero Colombaj ogn'uno de' quali contiene due Olle, come nella Pianta G. H Cippo col suo Coperchio, ornato di un'Aquila, che strigne cogli / artigli il Trifolgore di Giove. I Fianco del Cippo. In questo, come nell'altro opposto veggonsi de' buchi, ove erano impiombati anelli di ferro, co' quali chiudevansi a lucchetto le ceneri, e scoprivansi in tempo delle / annue Libazioni. K Spaccato dello stesso collo scavo per riporvi le Ceneri. L Sarcofago di terra cotta tondo da un capo, dall'altro piano, con un rialzo della stessa creta a guisa di guanciale. I buchi al-/ tre volte accennati, che si veggono nel medesimo non molto profondi, contenevano per avventura qualche balsamo aromatico contro la corruzione, il quale ancora per que' forami, che passano all'esterno, potea introdursi di / quando in quãdo.
In basso a sinistra: T. II. LV. 104
Sul verso della matrice della didascalia: (a destra) To. II. Ta 55 ; (al centro) 55

Osservazioni:

Osservazioni: Cfr. matrice M-1400_104a.
Nella vigna dei marchesi Casali, cui si accedeva per un cancello che si apriva su via di Porta San Sebastiano, vennero alla luce numerosi reperti già a partire dal XVII secolo, come del resto accadeva in tutta l'area archeologica circostante. Agli inizi del Settecento nella vigna furono scavati una gran quantità di sepolcri di epoca romana: Pier Leone Ghezzi sembra far riferimento a monumenti sepolcrali scoperti nell'anno 1726 in quei terreni (Santolini Giordani 1989, p. 63) nelle sue tavole con prospetto di un colombario, dettagli architettonici e pianta di questo (Ghezzi 1731, tavv. XXXV, XXXVIII; 1426/33 e 1426/36). Le campagne di scavo nella vigna Casali, rese note dall'antiquario Ficoroni che ne fu attivo protagonista, ripresero poi intorno al 1730 (cfr. Ficoroni 1732, pp. 47 e segg.) e si protrassero per alcuni anni; nel 1746 fu scoperta quella “camera magnifica” con grandi nicchie ornate da grotteschi e stucchi, subito demolita, che Piranesi documentò nelle Antichità (cfr. cat. 30).
Nell'Indice della Pianta di Roma (I tomo, n. 143) Piranesi accennava alla dimostrazione di un'altra camera sepolcrale con colombario, ritrovata nella stessa vigna, di cui alla presente tavola e alla successiva avrebbe illustrato la pianta e la veduta interna.
Sulla prima matrice l'autore delinea la singolare pianta con base quadrata, le cui pareti erano rinforzate esternamente da quattro grandi absidi. La pianta è disegnata su un frammento lapideo d'invenzione piranesiana, con un esplicito rimando ai marmi della Forma Urbis, espediente che ricorre nell'opera (cfr. catt. 73, 76). La composizione – articolata nello spazio compreso tra il piano d'appoggio e quello di fondo – è completata attorno dalla rappresentazione delle nicchie del colombario (in alto a destra), di un cippo funerario e di un sarcofago in basso, che fuoriesce illusionisticamente dalla cornice per invadere l'area riservata alla didascalia, raccordando lo spazio del passato a quello del moderno osservatore.
Da un punto di vista tecnico l'incisione è condotta prevalentemente a acquaforte. Il bulino rientra nei segni corrosi dall'acido per approfondire le ombre proprie degli oggetti o quelle proiettate dagli stessi sul piano d'appoggio (si vedano anche i rientri a bulino che marcano la zona d'ombra proiettata in basso dal sarcofago). Qualche ritocco a tecnica diretta e pennellate di vernice di riserva conferiscono vibrazioni chiaroscurali agli spessori fratturati del frammento lapideo e del sarcofago: l'autore concentra come sempre l'attenzione sulla cura tecnico-linguistica di questi elementi – che da grafici diventano pittorici – per conferire al carattere documentaristico della tavola una vena di romantica narrazione.
La superficie frontale del cippo funerario su cui compare l'iscrizione è stata completamente brunita per ripulire il fondo da imperfezioni e ottenere il bianco in stampa, anche se rimangono visibili i tracciati a punta secca graffiti sulla lastra, sulla cui impronta sono stati poi incisi a bulino i caratteri in stampato maiuscolo. Sulla stessa iscrizione si nota un'abrasione, con ribattitura corrispondente sul verso, sotto le lettere “FLA”, quarta riga dall'alto, per correggere un errore in fase di scrittura.
Si segnala un graffio di considerevole entità presente sulla matrice in corrispondenza della brocca raffigurata sul fianco del cippo; poco più in alto sulla destra la matrice è stata inoltre danneggiata da un urto che ha provocato un circoscritto avvallamento del supporto metallico. Questi danni meccanici – che compromettono l'immagine poiché l'inchiostro in fase di stampa si concentra in quei punti - non si riscontrano sull'incisione fino ancora alla sua pubblicazione nella seconda edizione dell'opera (1784, ASL 14-D/2); compaiono invece sulla stampa nell'edizione Firmin Didot: la causa è da individuare probabilmente nei molteplici spostamenti subiti dal fondo di matrici successivamente alla fuga di Francesco Piranesi da Roma nel 1799.
Sulla seconda matrice è illustrato l'interno della camera sepolcrale, architettonicamente caratterizzato da una insolita articolazione decorativa delle pareti. La pittorica traduzione a stampa della frammentaria bellezza di questo ambiente sotterraneo, è paragonabile a quella delle vedute ipogee della camera sepolcrale degli Arrunzi (catt. 88-89).
Anche tecnicamente la matrice è realizzata con le medesime modalità: più morsure a acquaforte e diffusi interventi a bulino, utili a graduare la gamma tonale della composizione. In particolare, i rientri col bulino nel tracciato segnico dell'acquaforte, tesi a intensificare le ombre, sono presenti soprattutto nella zona alta della figurazione, e sulla parete a destra cui si appoggia la scala.
Linee di costruzione del disegno, tracciate a secco sulla lastra prima della sua preparazione per le morsure, sottendono a tutta la figurazione.

Bibliografia

  • Petrucci, 1953, n. 104, tav. 55, p. 247  
  • Focillon, 1967, n. 277, p. 306
  • Wilton-Ely, 1994, n. 412, p. 464
  • Ficacci, 2000, n. 269, p. 249.
  • MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.  

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto

Compilazione

Compilatore: Giovanna Scaloni
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