Piranesi Giovanni Battista / Barbault Jean

Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778
Viannes, 1705 - Roma, 1766

Iscrizioni e Frammenti delle Camere Sepolcrali della Famiglia Arrunzia

Inventario

Numero inventario: M-1400_62a
Inventario storico di categoria: 1400/62a
Nuovo inventario di categoria: 10508
Stampa corrispondente: S-CL2394_18649
IVS2: CL16186
Collocazione: Calcoteca

Autori

Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Incisore: Barbault Jean (1718/ 1762)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)

Soggetto

Titolo proprio: Iscrizioni e Frammenti delle Camere Sepolcrali della Famiglia Arrunzia
Serie: Le antichità romane
Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)

Oggetto

Definizione: matrice incisa

Cronologia

Datazione: 1751-1756 (Sec. XVIII)

Dati tecnici

Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 400 x 487, spess. 1,4-1,7

Iscrizioni

Iscrizioni: In alto a sinistra: XIII / 62; in alto a destra: Tom. II.; in basso: Iscrizioni e Frammenti delle Camere Sepolcrali della Famiglia Arrunzia ec.; sotto a sinistra: Barbault scolpì le Fig.; sotto a destra: Piranesi Archit. dis. ed inc.

Osservazioni:

Osservazioni: Didascalia su matrice separata M-1400_62b.
Le tre tavole che fanno seguito alla dimostrazione ideale del sistema decorativo della volta sono dedicate ad una esposizione degli elementi in stucco nel loro effettivo stato di conservazione al momento del ritrovamento, ma fingendoli staccati con lo spessore dell’intonaco e disposti in mostra insieme con le iscrizioni e gli oggetti funerari rinvenuti negli scavi. Nella prima tavola, con alcune lucerne di creta graziosamente ornate, frammenti di iscrizioni e dei compartimenti parietali, si può osservare il rilievo compreso nella cornice circolare al centro della volta (cat. 88), in cui è individuato il mito greco, prestato alla iconografia funeraria, della fanciulla Orizia rapita da Borea.
I dettagli grafici che permettono di riconoscere lo stile incisorio di Barbault (cat. 82 e 84) sono anche qui manifesti: una sottile e labile linea di contorno, che guida le pennellate di vernice di riserva (a sinistra, in corrispondenza del mantello mosso dal vento) e il tratteggio raddoppiato dell’ombra portata del rilievo (a destra), disegna le figure tenere e flessuose i cui morbidi volumi sono modellati con punti o piccoli tratti disposti linearmente, come in filigrana, o in fitti addensamenti, a plasmare con delicatissime ombre l’anatomia rotondeggiante delle figure, mentre altrove tratti mobili di spessore variato evocano la leggerezza delle vesti sottili. Le parti di stucco erose dal tempo e dalla rovina e i bordi frastagliati dello stacco sono lavorate con una variazione del tessuto segnico, ora disperso in virgole e tratteggi orientati, ora composto in una trama di linee ondulate affiancate da piccoli punti; la superficie dello stucco screpolata e corrotta dall’umidità è resa con pennellate di vernice di riserva che, distribuita a macchie sul tratteggio parallelo e omogeneo, dosa l’azione corrosiva dell’acido lasciando più chiare queste aree. Il bulino rafforza e approfondisce il tracciato orizzontale nelle aree più in ombra, e conferisce aggetto alla pietra che in primo piano getta un’ombra sulla fascia del titolo, ma quel che è da notare è come integri in perfetta fusione di tecniche la trama dell’acquaforte nei bordi sottili delle screpolature rese con la vernice di riserva e nei piccoli tocchi sparsi nelle pieghe dei panni.
La matrice è deformata da un’ammaccatura nell’angolo inferiore destro, con segni di ribattitura sul verso e un assottigliamento dello spessore, i cui effetti in stampa sono riscontrabili già nelle tirature del 1756 e del 1761; sull’iscrizione minore in basso, recante il nome della defunta Selene Arrunzia, un leggero avvallamento della matrice corrisponde alla lettera maiuscola “E” abrasa. Al centro delle lucerne sono visibili i segni del compasso usato per tracciare il disegno circolare; i segni del tracciato orizzontale del fondo, così come il tracciato circolare della cornice maggiore, protetti dall’azione dell’acido, emergono nella figurazione, come si osserva nelle lucerne.
Lucerne e vasi di creta, patere e ampolle di vetro sono qui mostrati insieme con altri oggetti reperiti nelle camere sepolcrali della famiglia degli Arrunzi: tra questi alcuni più pregiati come la maschera di un vento e alcuni vasi di terracotta invetriata di color argento; un frammento del prezioso pavimento musivo, che ancora si conservava in alcuni brani intatti sul pavimento della Camera maggiore, e altri due lacerti dei rilievi in stucco della volta raffiguranti un ippogrifo e una donna che sorregge in precario equilibrio sulla testa una sorta di mensa con frutti, derivata dal repertorio delle grottesche. Questa figura “reggicandelabro” era già stata rilevata nei disegni di Pier Leone Ghezzi (cat. 92).
Anche la seconda tavola lavorata ad acquaforte e bulino, reca la doppia firma di Piranesi e Barbault, autore delle figure. Gli stilemi grafici nella realizzazione delle figure sono quelli che abbiamo potuto osservare nelle tavole precedenti, con il consueto repertorio caratteristico e ripetuto: linee mosse in diagonale (sulle superfici delle iscrizioni e su quella inclinata dello stucco centrale), puntinato disposto in sequenze filiformi che plasmano le figure, tracciato ondulato inframmezzato da puntini (nelle aree di stucco corrose). Il puntinato rarefatto e addensato, talvolta unito in tratti, modella mirabilmente il volume della maschera grottesca a sinistra, costruendone quasi interamente la camusa fisionomia. La vernice di riserva stesa in velature multiple permette di emulare gli effetti della luce sulle superfici rotondeggianti delle ampolle di vetro sul ripiano in alto a sinistra e, combinata con la variazione del tracciato, descrive la scabrosità delle superfici rovinate e spezzate. Nello spessore in ombra dello stacco spezzato si è intervenuto largamente con il bulino rilevando sul fondo i piani e conferendo così senso di profondità spaziale.
La terza tavola del gruppo è dedicata, ancora, a un’ultima mostra dei frammenti e delle iscrizioni appartenenti alle camere sepolcrali, e presenta altri rilievi in stucco dalla volta. La composizione è firmata da Piranesi e da Barbault, che impiega i consueti stilemi grafici osservati per le tavole precedenti, con il suo repertorio di trame segniche, l’uso pittorico della vernice di riserva dosata in pennellate successive per emulare le superfici degli oggetti maggiormente illuminati (i vasi e l’ampollina sul ripiano superiore, la superficie del frammento verticale a sinistra), e l’intervento del bulino a rinforzare gli scuri delle ombre. La zona in ombra a sinistra della matrice, sul frammento minore, reca segni profondamente incisi a tecnica diretta con una punta larga usata con lo scopo di staccare efficacemente i diversi livelli prospettici consecutivi che, in una area di spazio ridotta e scurita dalle morsure di acquaforte e dal bulino, risulterebbero altrimenti schiacciati.

Bibliografia

  • Petrucci, 1953, n. 62, tav. 13, p. 245  
  • Focillon, 1967, n. 235, p. 304
  • Wilton-Ely, 1994, n. 370, p. 422
  • Ficacci, 2000, n. 227, p. 221.
  • MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.  

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto

Compilazione

Compilatore: Mariasole Garacci
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