Piranesi Giovanni Battista

Mogliano Veneto (?), 1720 - Roma, 1778

Pianta di Roma

Inventario

Numero inventario: M-1400_3
Inventario storico di categoria: 1400/3
Nuovo inventario di categoria: 10414
Stampa corrispondente: S-CL2393_18561
IVS2: CL54195_13918
Collocazione: Calcoteca

Autori

Incisore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Disegnatore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)
Inventore: Piranesi Giovanni Battista (1720/ 1778)

Soggetto

Titolo proprio: Pianta di Roma
Serie: Le antichità romane
Denominazione raccolta: Firmin Didot (Piranesi)

Oggetto

Definizione: matrice incisa

Cronologia

Datazione: 1746-1756 (Sec. XVIII)

Dati tecnici

Materia e tecnica: Acquaforte su rame con interventi a bulino;
Misure: mm 472 x 689, spess. 1,5-2,2

Iscrizioni

Iscrizioni: In alto a sinistra:  II    Tom. I / 3; in basso: PIANTA di Roma disegnata colla situazione di tutti i Monumenti antichi, de' quali in oggi ancora se ne vedono gli avanzi, ed / illustrata colli Framm.ti di Marmo della Pianta di Roma antica, scavati, saranno due secoli, nelle Rovine del Tempio di Romolo; ed ora esistenti nel Museo di Campidoglio.
Sotto a destra: Piranesi Archit. dis et inc.

Osservazioni:

Osservazioni: Il primo tomo delle Antichità si apre con questa “esattissima Topografia di Roma”, che naturalmente introduce alle serie dei monumenti, in cui Piranesi restituisce la situazione complessiva dei risultati di anni di “infaticabili, esattissime osservazioni, cavi e ricerche” su ciò che resta in luce di quanto edificato dagli antichi romani in epoca di repubblica e di impero.
Se nella Prefazione all'opera indirizzata agli studiosi delle antichità è contenuta la più immediata e sintetica dichiarazione di metodo da parte dell'autore, questa tavola ne rappresenta il primo, imprescindibile esito. E' qui che Piranesi fonda il suo  sistema di studi, basato sul riscontro tra dato reale, icnografia marmorea di Roma (Forma Urbis) e antichi autori. Rovesciamento di metodo rispetto agli eruditi che da almeno un secolo e mezzo si dedicavano allo studio delle rovine muovendo principalmente dalla lettura di quanto era stato pubblicato fino a loro, secondo un procedere per deduzioni che li portava a confondere sovente un complesso edilizio con un altro. Per Piranesi il punto di partenza non può che essere il rilievo del dato reale, che dovrà poi essere sostanziato dal confronto con le fonti scritte.
Nel far questo Piranesi non poteva prescindere dall'impresa di  Giambattista Nolli e figlio, alla quale pure in giovane età aveva preso parte, che avevano dotato Roma di una pianta aggiornata (1748), realizzata attraverso innovative strumentazioni scientifiche. Ma mentre la pianta di Nolli doveva rispondere alla specifica esigenza di costituire - sulla scorta di un pensiero urbanistico di matrice illuminista - un corredo documentario-amministrativo per la gestione del territorio dell'urbe, adeguato agli apparati delle moderne capitali europee, l'opera di Piranesi si proponeva di portare a compimento il seguito del lavoro iniziato dal geometra comasco, ossia fare tabula rasa della Roma medievale e moderna, per illustrare solo ciò che restava della città antica (Wilton-Ely 1994A, pp. 62-65; Bevilacqua 2004, pp. 19-29; Fagiolo 2006, p. 63, n. 11). I risultati di anni di indagini sul campo sono raccolti nel dettagliato Indice tipografico che segue la pianta, in cui ogni emergenza architettonica antica ha la sua denominazione, definita anche in rapporto alle altre vicine.
L'autore organizza la composizione con la topografia in posizione centrale, delimitata esternamente dalle moderne mura di Roma, mentre all'interno la linea curva formata da punti (A) dimostra il circondario delle mura prima della dilatazione di Aureliano. L'originalità dello schema piranesiano risiede nella sistemazione a corollario della pianta di alcuni frammenti della Forma Urbis, in un ordine apparentemente casuale quanto indubbiamente scenografico, evitando spazi vuoti tra i confini della città e i margini della lastra.
Come è noto, i reperti della Forma Urbis, pianta di Roma incisa su 150 lastre di pietra sotto l'impero di Settimio Severo (203-211), collocata al tempo su una parete del Tempio della Pace, iniziarono a venire alla luce nel 1562 e – dopo anni di permanenza a Palazzo Farnese - furono al fine collocati per volontà di papa Benedetto XIV nel 1742 nel Palazzo Nuovo in Campidoglio. Per la sistemazione fu impegnato anche in questo caso Giambattista Nolli; i frammenti furono murati sulle pareti dello scalone del Museo Capitolino, rispecchiando nella disposizione le venti tavole pubblicate da Giovanni Pietro Bellori in Fragmenta vestigii veteris Romae ex Lapidibus Farnesianis (1673, matrici 1438/0-26). Dove non era stato possibile recuperare i frammenti, Nolli fece delle riproduzioni dei pezzi mancanti sulla base dei disegni belloriani, che ricongiunse al frammento originale. Contraddistinse queste reintegrazioni moderne apponendo sul frammento integrativo un asterisco.
Muovendo da queste premesse, nell'Indice della pianta Piranesi inizia la spiegazione del suo lavoro sulle antichità dal giro esterno delle mura aureliane, e precisamente da sud ovest (Monte Testaccio, Piramide di Cajo Cestio, …), procedendo in senso antiorario; entra poi dalla Porta del Popolo per spiegare i monumenti compresi tra le mura moderne e l'antico recinto delle mura serviane; attraverso la Porta Carmentale valica queste ultime e affronta i resti antichi nel cuore dell'Urbe.
L'analisi diagnostica della matrice ha messo in evidenza che tutta la figurazione era stata delineata a secco sulla lastra, prima di stendere la vernice di protezione per procedere con le morsure: si possono osservare infatti le linee di costruzione dell'intero disegno che sottendono i tracciati poi incisi dall'acido, evidenti a esempio negli interspazi tra i punti del recinto murario interno. Ma l'aspetto attuale della matrice è soprattutto caratterizzato dalla diffusa presenza di numerose abrasioni e bruniture, che rivelano la faticosa storia di una ricostruzione archeologica della città della quale Piranesi intendeva assumersi la totale responsabilità critica. Nello specifico sono da segnalare diverse abrasioni in corrispondenza dei nomi delle porte della città che si aprivano sul recinto murario serviano; da che emerge il particolare studio dedicato dall'autore a questo argomento, come si può riscontrare anche nell'analisi di altre matrici del primo tomo (cfr. catt. 69-70, 75, 76).
Il confronto con gli esemplari a stampa (Corsini; BAV, Cicognara e Barberini; ABA; Braidense) – che dovremo considerare di primo stato – ha consentito di mettere in relazione alcune di queste abrasioni con gli aggiornamenti apportati da Piranesi sulla topografia. Attraverso una lettura incrociata delle informazioni desumibili dalla matrice con i dati che le stampe restituiscono è  stato possibile comprendere quali siano stati i cambiamenti in corso d'opera, ossia quali nomi di porte siano stati sostituiti nello stato definitivo della matrice rispetto ai precedenti che comparivano nelle prime tirature; e ancora, quali altre denominazioni siano state rimosse dal rame dopo le prime tirature, senza essere sostituite. E' stato anche possibile circoscrivere cronologicamente le correzioni effettuate sul rame grazie al raffronto con la stampa nel volume dell'Accademia di San Luca (ASL, 1690), donato dall'autore nel 1761, dove tali interventi risultano già presenti (secondo stato). Ne deriva che Piranesi li effettuò in un arco di tempo – cinque anni o poco meno – compreso tra le prime tirature per l'edizione del 1756 (esemplari di primo stato)  e il 1761, data ante quem.
Tra queste rettifiche, una prima casistica è quella in cui viene abraso il nome della porta e iscritto un nuovo nome sopra l'abrasione, modificando quindi una precedente indicazione: in corrispondenza di quello che sulla stampa di primo stato era il nome della Porta Ratumena c'è abrasione sulla matrice e sopra l'abrasione è iscritto il nome della Porta Carmentale; la Porta Ratumena viene spostata poco più a nord, sempre a ridosso delle pendici del Monte Capitolino; analogamente, dove sulla stampa di primo stato era presente il nome della Porta Carmentale c'è abrasione sulla matrice e sopra l'abrasione è iscritto il nome della Porta Flumentana, che non compariva affatto negli esemplari di primo stato.
Nella seconda casistica ricadono gli esempi di due porte che si aprivano sulle mura serviane a nord del Quirinale, nominate sulle stampe di primo stato Porta Salutare e Porta Quirinale, poi abrase sulla matrice dove rimane solo l'apertura della porta, non sostituita da altro nome.
Altre correzioni evidenti sul rame dovettero essere eseguite, invece, in un momento addirittura antecedente la prima tiratura della matrice, poiché non esiste discordanza tra i primi stati sopra citati e la matrice: alle pendici del Monte Capitolino, a nord, si apriva la Porta Catularia, il cui nome è inciso sopra una brunitura che lascia supporre una precedente indicazione; inoltre, la nomenclatura di alcune porte è stata abrasa sulla matrice e mai sostituita da nuovi nomi: un'abrasione nell'angolo a sud-est, in corrispondenza di una porta che si apriva sulle vecchie mura, poco più a sud di quella che sarà sul circuito delle mura moderne Porta Maggiore; un'abrasione salendo, all'interno della linea puntinata, all'altezza della Porta Esquilina; un'altra abrasione a nord est del Monte Quirinale;  da ultimo, la linea dei punti che contrassegna l'andamento delle mura serviane sul lato est lungo l'argine di Servio e Tarquinio risulta rimodulata, con abrasione dall'angolo nord all'altezza di Porta Collina verso sud fin sopra Porta Esquilina. L'autore motiva tale variazione nell'Indice che segue la tavola (n. 251).
Compaiono altre piccole abrasioni da correzione in corrispondenza di alcune “emergenze” di cui si fornisce spiegazione nell'Indice, contraddistinte dai numeri 70,  82, 87, 118, 156, 185, 187, 225, 232, 303, 304, delle quali probabilmente Piranesi modifica il disegno o sposta le coordinate.
Proseguendo l'indagine sulla matrice, sono state osservate anche alcune corrosioni acide. In particolare, nella zona in alto a destra, nel frammento dell'(Hecat)O(n)STYLUM, si può notare una corrosione acida dovuta probabilmente alla cattiva aderenza della vernice di protezione sulla lastra durante la morsura. Tale inconveniente ha generato un effetto di micro-puntinato: l'inchiostro raccolto dalla matrice in quei punti ravvicinati ha determinato in stampa un diffuso tono grigio, già sui primi stati delle stampe consultate; si presume quindi che il problema sia occorso alla matrice nella sua lavorazione iniziale. Diversamente, le corrosioni acide che si notano nella zona con i grandi frammenti in basso a destra sono state causate da probabili schizzi accidentali di mordente sulla lastra, i cui effetti – piccole macchie grigie - sono ben visibili nella stampa dell'edizione Firmin Didot, ma non si notano negli esemplari di primo stato, né nella stampa di secondo stato presso l'Accademia di San Luca (ASL, 1690), né nella stampa della seconda edizione delle Antichità, 1784 (ASL, 14-D/1): devono essere pertanto fatte risalire al periodo di tempo che seguì la seconda edizione, ma precedente l'arrivo del fondo di matrici in Calcografia (tra il 1784 e il 1838).
Dall'osservazione delle stampe di primo stato sono emersi altri dati interessanti ai fini dell'elaborazione della matrice, relativamente ai frammenti della Forma Urbis.
Come si è accennato gli asterischi raffigurati su alcuni frammenti stanno a indicare i pezzi integrati e ricongiunti da Nolli. Sulle stampe di primo stato Piranesi disegnò alcuni asterischi e le linee di frattura, corrispondenti all'attacco tra il frammento originale e quello reintegrato, a penna e inchiostro: nel terzo frammento grande in basso da destra, sul frammento della fabbrica SEVERI ET (An)TONINI A(ugust), su quello del Porticus (A)DONAEA, su quello del LVDUS MAGNVS, sul frammento al centro in basso del BAL(neum) SURAE, e in quello sopra la Basilica Emilia. In un momento di poco posteriore (si veda la stampa ASL, 1690 - in secondo stato - corrispondente alla matrice) sia gli asterischi che le linee furono incisi sulla matrice come parte integrante dell'elaborato definitivo. Questo sta a significare che, dopo aver delineato i frammenti a contorno della pianta probabilmente sulla base delle stampe di Bellori, e fatta una prima tiratura della matrice, l'autore effettuò un più puntuale confronto con l'originale Forma Urbis e completò allora le stampe di primo stato aggiungendo l'asterisco e le linee che segnavano la separazione tra i frammenti originali e i pezzi reintegrati, trasferendo poi quei dati sulla matrice. Anziché scartare le stampe delle prime tirature integrate a penna e inchiostro, le inserì in alcuni volumi - tra i primi licenziati dalla sua bottega - da destinare a doni o mettere in commercio.

Bibliografia

  • Petrucci, 1953, tav. 3, p. 241  
  • Focillon, 1967, Wilton-Ely, 1994, n. 288, p. 336
  • Ficacci, 2000, n. 142, p. 172.
  • MISITI, Maria Cristina; SCALONI, Giovanna (ed.), Giambattista Piranesi: sognare il sogno impossibile, Istituto Centrale per la Grafica, Roma, 2022, libro multimedia.  

Condizione giuridica

Condizione giuridica: Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali
Provenienza: Acquisto

Compilazione

Compilatore: Giovanna Scaloni
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